ALGERIA – La Divina Commedia in arabo
ALGERI – La prima traduzione a Tripoli nel 1930
La storia della Divina Commedia in traduzione araba inizia nel 1911, quando il commerciante triestino di origine ebraica Marco Besso (m. 1920) commissionò l’inizio del canto XI del Purgatorio per completare la sua collezione di questo passo in tutte le lingue. Poco dopo, nel 1919, l’orientalista spagnolo Miguel Asín Palacios pubblicò uno studio capitale intitolato La escatología musulmana en la Divina Comedia, nel quale ipotizzava le origini arabo-spagnole della grande opera dantesca. Questa ipotesi appassionò alcuni intellettuali arabi promotori del rinnovamento della cultura araba, spesso cristiani come il siriano Qustaki al-Himsi (m. 1941), e segnò l’esordio degli studi danteschi nel mondo arabo. La prima traduzione della Commedia, in prosa semplice, apparve a Tripoli tra 1930 e il 1933 a cura di un impiegato del governo italiano in Libia, il cristiano maronita Abbud Abu Rachid (m. 1955). Un altro tentativo parziale, che interessò solo la cantica dell’Inferno, si deve qualche anno dopo (1938) ad Amin Abu Sha‘r, un altro arabo cristiano di Gerusalemme. La prima traduzione completa e letterariamente pregevole fu pubblicata al Cairo tra 1959 e il 1969 con il titolo Al-Kumidya al-ilahiyya. L’autore, l’egiziano Hasan ‘Uthman (m. 1973), si era perfezionato in italianistica prima nella Facoltà’ di Lingue del Cairo, poi a Perugia, e infine a Roma, alla Sapienza, dove aveva seguito le lezioni di due pionieri dell’orientalistica italiana, Carlo Alfonso Nallino ed Ettore Rossi. I tre volumi della sua traduzione, fedele all’originale e redatta in una bella prosa attenta alla sonorità e soprattutto al ritmo delle parole come vuole la tradizione letteraria araba, contengono un cospicuo apparato di introduzioni, riassunti analitici, annotazioni, e appendici dedicate all’ambiente in cui Dante visse e ai molti personaggi che il Poeta incontrò lungo il suo Viaggio. Tutte le traduzioni arabe della Commedia si scontrano con la difficoltà di rendere accettabili le posizioni teologiche dantesche ai lettori di fede musulmana. Questo è particolarmente evidente nell’eccellente versione di Hasan ‘Uthman, musulmano che si rivolge a musulmani, il quale evidenzia continuamente i parallelismi tra l’opera dantesca e i testi teologici islamici, omette il nome di Saladino nel Limbo (Inf. IV) e salta del tutto un passo dell’Inferno (Inf. XXVIII) dove il Profeta dell’Islam e suo cugino e genero ‘Ali ibn Abi Talib figurano tra i dannati. Nell’annotazione, il traduttore osserva: “Ho eliminato da questo canto, giudicandoli inappropriati da tradurre, i versi in cui Dante commette un errore enorme influenzato dall’opinione comune alla sua epoca”. La più recente traduzione completa della Commedia è apparsa nel nuovo millennio, a opera del poeta e accademico francese di origine irachena Kadhim Jihad Hassan (n. 1955). Questa versione (Al-Kumidya al-ilahiyya, Arab Institute for Research and Publishing / Éditions UNESCO, 2003) mantiene la cantica dell’Inferno nella sua interezza ma a sua volta sostituisce il nome del Profeta con dei puntini di sospensione e il nome di ‘Ali con l’espressione “il figlio di mio zio”, “mio cugino”.
La traduzione è scaricabile online.