Mostra al Louvre

PARIGI – La collezione Torlonia con i suoi capolavori

Sarà il Museo del Louvre di Parigi la prima istituzione fuori dall’Italia ad accogliere i marmi Torlonia. La mostra si terrà dal 26 giugno all’11 novembre 2024 nella splendida cornice degli appartamenti d’estate di Anna d’Austria appena restaurati, sede delle collezioni permanenti di sculture antiche fin dalla nascita del Museo del Louvre, nel Settecento. Le collezioni nazionali francesi ben si prestano a creare con i marmi Torlonia un dialogo ricco e fecondo, che esplori l’origine dei musei e il gusto per l’Antico, elemento fondante della cultura occidentale. La mostra mette in luce alcuni capolavori della scultura antica e invita ad ammirare i gioielli indiscussi dell’arte romana, ma anche a scoprire gli albori della storia dei musei nell’Europa dell’Illuminismo e dell’Ottocento. Scaturita dalla passione per l’arte antica dei principi Torlonia, eredi delle pratiche nobiliari della Roma papale, la collezione Torlonia ambiva, in particolare con l’apertura del Museo Torlonia negli anni Settanta dell’Ottocento, a rivaleggiare con i grandi musei pubblici: Musei Vaticani, Musei Capitolini e Museo del Louvre. La collezione Torlonia, la più grande collezione privata di sculture antiche preservata fino ai giorni nostri, dal 2020 è oggetto di una serie di mostre-evento che offrono al pubblico la possibilità di riscoprire, dopo una lunga eclissi, l’eccezionale raccolta di sculture del Museo istituito da Alessandro Torlonia nel 1876 e chiuso a metà del Novecento. Le due tappe della mostra, a Roma e Milano, con la curatela di Salvatore Settis e Carlo Gasparri con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Speciale di Roma, ricostruivano la storia della collezione a ritroso. La mostra parigina nasce dalla volontà di presentare al pubblico, in un luogo carico di storia, questa collezione poco conosciuta in Francia e invita a compiere un viaggio estetico e archeologico fra le opere che la compongono, instaurando un dialogo con le collezioni del Louvre. La mostra sarà allestita negli appartamenti d’estate di Anna d’Austria e nel loro prosieguo naturale, la sala detta di Augusto, lo spazio che accoglie l’esposizione delle sculture romane al Louvre dal 1800 quando le sale furono completamente restaurate per ospitare il nuovo percorso espositivo delle collezioni romane del Louvre. La presentazione al pubblico di una collezione di sculture antiche di altissimo livello artistico, accessibile riservatamente fino a data recente, in uno spazio tradizionalmente consacrato all’esposizione di sculture fin dagli albori del Museo del Louvre e pertanto con un significato d’importanza rilevante nella storia dei musei, costituisce quindi un triplo evento nel 2024. La mostra, articolata intorno ai capolavori della collezione Torlonia, rivelerà i generi emblematici della scultura romana, nonché l’eterogeneità dei suoi temi e delle sue formule stilistiche. Ritratti, sculture funerarie, copie di celebri originali greci, opere ispirate ai modelli greci dell’età arcaica e classica: figure del tiaso dionisiaco e allegorie rivelano un repertorio di immagini e forme che sono la forza dell’arte romana mentre si instaura un dialogo tra due raccolte sorelle, le sculture del Louvre e quelle del Museo Torlonia, dal punto di vista della storia delle collezioni. La mostra al Louvre è curata da Cécile Giroire, direttrice del dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane del museo, con la curatela scientifica di Martin Szewczyk, conservatore presso lo stesso dipartimento, e la collaborazione di Carlo Gasparri, dell’Università Federico II di Napoli e dell’Accademia dei Lincei, e Salvatore Settis della Scuola Normale Superiore di Pisa e membro dell’Instituto, Accadémie des Inscriptions et Belles-Lettres. L’esposizione è nata da un accordo tra il Ministero della Cultura e la Fondazione Torlonia che ha permesso di riscoprire dopo oltre 50 anni di oblio una ricca selezione delle sculture della Collezione. Le opere della Collezione Torlonia sono state restaurate dalla Fondazione Torlonia con il contributo di Bulgari. Composta da marmi rinvenuti nel sottosuolo di Roma, epicentro del potere e della produzione artistica dell’Occidente romano, o dei suoi immediati dintorni, la collezione riunisce sculture che afferiscono all’arte colta, di elevata qualità esecutiva. Comprende inoltre opere provenienti da più antiche collezioni, riportate alla luce a partire dal XV o XVI secolo, e, per via della loro lunga storia, trasformate e adattate al gusto dell’epoca. La specificità della collezione Torlonia, al contempo ultima collezione principesca di Roma e museo rivolto al futuro, è rappresentata da un’opera straordinaria, che godeva di grande notorietà già nel Settecento: il Caprone restaurato da Gian Lorenzo Bernini. Scrigno di capolavori della scultura romana, il Museo Torlonia, fondato secondo il principio di una selezione critica e di una disposizione scientifica delle raccolte, conserva l’impronta secolare della vicenda del collezionismo. Le origini della collezione portarono Alessandro Torlonia, nella seconda metà dell’Ottocento, a farne un museo aperto a piccoli gruppi di visitatori. Prendendo le distanze dal collezionismo di vecchia maniera, il museo di Alessandro Torlonia ne rimane profondamene influenzato, frutto dell’incontro di due dinamiche storiche: la passione aristocratica per le antichità, da un lato, e la nascita della disciplina archeologica, dall’altro.
PERCORSO DELLA MOSTRA – UN POPOLO DI STATUE. RITRATTI
Tra i generi emblematici della scultura romana, il ritratto occupa un posto di primo piano. Simbolo dell’arte romana e, più in generale, dell’antichità classica, come ricorda nella collezione Torlonia il capolavoro della Fanciulla di Vulci, il ritratto esplora, nell’ambito di un ampio spettro di possibilità che vanno dall’idealizzazione dei tratti alla loro resa fedele, la capacità di trasmettere un’individualità con mezzi artistici. Una parte importante del Museo Torlonia era consacrata al ritratto: la grande serie di 109 busti-ritratto restaurati, da Mario a Crispo, dal I secolo a.C. alla fine dell’Impero Romano nel V secolo d.C., intendeva offrire un excursus completo della storia romana attraverso i suoi principali protagonisti, e si inserisce così pienamente nella tradizione umanistica legata al recupero delle effigi di personaggi famosi dell’antichità. La forma del busto, certamente di origine antica, è tipica del collezionismo nobiliare di XVII e XVIII e conferisce uniformità alla serie di ritratti. La selezione di ritratti imperiali, composta da opere di elevata qualità artistica, è emblematica di questo approccio moderno. Alcune opere iconiche illustrano l’evoluzione dell’immagine imperiale, dall’Augusto del tipo Prima Porta al Settimio Severo del tipo Petworth. Il Busto con ritratto femminile, detto Aquilia Severa nel catalogo del Museo Torlonia, merita indubbiamente di figurare tra i capolavori del genere risalenti agli inizi del III secolo d.C. Tuttavia, se la ritrattistica romana ha raggiunto alte vette di qualità estetica, lo deve in larga parte all’eredità artistica greca, dispensatrice di modelli e tecniche artistiche. Due opere incarnano il punto d’incontro fra la tradizione greca e quella romana, offrendo il confronto di due diverse raffigurazioni dello stesso soggetto, ossia un volto severo e anziano: i ritratti maschili di Eutidemo di Battriana e del Vecchio da Otricoli rappresentano entrambi l’esigenza di trascrivere con vivo realismo la fisionomia individuale. Oggi che, nell’ambito della ritrattistica greca e romana, la questione dell’identificazione dei personaggi ritratti è diretta verso l’analisi stilistica e la comprensione dei meccanismi sociali e politici, la collezione Torlonia ci offre uno stato fossilizzato dell’interesse suscitato dalla ritrattistica romana del XIX secolo. La statua maschile in bronzo restaurata con il ritratto del Germanico – unica opera non marmorea del Museo Torlonia – ci ricorda idealmente che in larga parte i ritratti antichi esposti negli spazi pubblici erano in bronzo, e che molti di essi costituivano rappresentazioni a figura intera in cui il corpo aveva un’essenziale funzione rappresentativa.
OPERA NOBILIA. L’ARTE DELLA COPIA
La pratica di copiare celebri sculture greche inizia a svilupparsi nel II secolo a.C., e in epoca imperiale romana diventa una forma d’arte a sé stante. La replica degli originali avviene riportando le misure che servono a guidare lo scultore, mentre la diffusione dei modelli è assicurata dalla produzione di calchi in gesso (alcuni dei quali sono stati rinvenuti in scavi archeologici). Copiare le opera nobilia della scultura greca diventa una pratica caratteristica ed emblematica dell’arte romana, che riflette la formazione di un canone di opere esemplari dal punto di vista artistico. Il Museo Torlonia è coevo del grande movimento accademico che, da metà Ottocento, sviluppa il metodo di incrociare le fonti antiche e il corpus delle copie romane per studiare l’arte greca. Il restauro delle sculture incorpora i progressi di questa ricerca. La collezione comprende un certo numero di copie romane che consentono di comprendere questa pratica, nata nel mondo ellenistico, che raggiunge il suo apice nei primi secoli dell’Impero Romano. La qualità artistica di celebri originali greci si percepisce anche sotto lo scalpello del copista. Il confronto tra due repliche dell’originale Satiro in riposo mette in luce la problematica della copia, determinante per comprendere la pratica artistica romana. Se l’Hestia Giustiniani, il cui prototipo è attribuibile a un maestro della prima età classica (470-460 a.C.) è una scultura la cui qualità esecutiva suggerisce la provenienza da una bottega di altissimo livello, non è l’unica copia a testimoniare l’influenza degli originali ammirati in epoca imperiale. Tutte le repliche illustrano un fatto essenziale per comprendere l’arte romana cosiddetta “colta”: l’arte degli scultori e i desideri dei committenti risultano profondamente influenzati da una cultura estetica che guarda ai modelli greci e, più in particolare, ai capolavori greci del passato.
UN’ARTE COLTA. STILI DEL PASSATO GRECO
Plinio il Vecchio ha testimoniato nei suoi scritti che i modelli preparatori dello scultore greco Arcesilao, attivo a Roma a metà del I sec. a.C., si vendevano più cari delle opere finite di altri artisti. Gli scultori greci attivi a Roma dal II secolo e soprattutto dal I secolo a.C. offrono alla clientela romana un repertorio eclettico di forme tratte dalle esperienze artistiche della Grecia arcaica, classica ed ellenistica. Elaboreranno nuovi modelli da queste forme antiche e l’attività delle cosiddette botteghe “neoattiche” avrà, per l’arte romana in generale, delle conseguenze che andranno oltre il campo della scultura: tutti gli artisti e gli artigiani romani utilizzeranno questi modelli in numerosi ambiti della produzione figurativa. La collezione Torlonia, formatasi nell’epicentro di tale fiorente ed eclettica attività, porta l’impronta di questo fenomeno artistico. Vengono riprodotte figure di menadi tratte dall’opera dello scultore attico Callimaco (fine del V secolo a.C.) per decorare arredi di lusso in marmo, come il cratere della collezione Torlonia. La Tazza Albani, decorata esternamente con scene raffiguranti le Fatiche di Ercole si inserisce nello stesso filone: ricerche artistiche che hanno tutte le caratteristiche del neoclassicismo. Le singole scene decorative testimoniano della riproduzione, alla fine del I secolo a.C., su un supporto diverso, dei prototipi eseguiti nella seconda metà del IV secolo. La giustapposizione di figure elaborate da prototipi stilisticamente diversi è evidente sull’ara con tre divinità: Zeus e Atena, con il disegno dei panneggi, la stilizzazione ornamentale della barba e delle chiome, e la posa quasi rigida delle figure, si contrappongono alla figura femminile che incede in senso contrario, caratterizzata da un drappeggio profondo e plastico, e dalla foggia naturale dei capelli. Come diretta conseguenza di quest’arte colta, pregna di riferimenti, gli scultori rivisitano e mescolano i modelli greci, spesso in modo eclettico. Questa proliferazione di stili e immagini è alla base di una delle caratteristiche più significative dell’arte romana: l’eclettismo.
ENTRARE NELLA DANZA. MODERNITÀ ELLENISTICA
L’approccio restrospettivo adottato dagli scultori tardo-ellenistici per soddisfare i gusti e le richieste dei committenti romani struttura profondamente il rapporto tra l’arte greca e quella romana (come dimostrano le opere d’arte rinvenute nelle Ville dell’aristocrazia romana). Cionondimeno, la ricezione romana dell’arte greca vede l’assimilazione di stili e motivi della modernità ellenistica.
L’iconografia dionisiaca – pittoresca al pari dei soggetti di genere – era destinata a decorare gli spazi domestici dei patrizi. L’eccezionale gruppo dell’Invito alla danza, rinvenuto nel sito archeologico della Villa dei Sette Bassi, raffigurante un satiro danzante e una ninfa assisa, è di solito attestato nell’iconografia monetale. Le immagini del corteo dionisiaco e della sua estasi, utilizzate diffusamente dagli artisti neo- attici, offrono agli scultori l’occasione di sviluppare una forma d’arte barocca, ricca di espressività e di sensualità corporea. La magnifica copia, restaurata come busto, del tipo del Satiro ebbro di Ercolano, la cui espressività e il movimento accentuato sono caratteristici delle ricerche degli scultori pergameni del II secolo a.C., e l’affascinante Sileno tipo Cesi rappresentano due declinazioni appartenenti alla stessa corrente artistica dei soggetti di genere. Alle esperienze ellenistiche è riconducibile anche lo sviluppo dell’iconografia egittizzante, allegorica (Nilo Torlonia, già Barberini-Albani) o correlata alla vasta diffusione dei culti alessandrini di Iside, Serapide e Arpocrate. Tale modernità ellenistica costituisce un altro aspetto della considerevole influenza esercitata dalle forme greche nella cultura artistica romana. Scelte da facoltosi committenti, soprattutto per decorare le loro sontuose residenze, queste opere di gusto moderno dell’epoca ellenistica sono state ritrovate in gran numero a Roma e figurano pertanto nella collezione dei principi Torlonia.
VITA DELLE FORME. ORIGINALITÀ DELLA SCULTURA ROMANA
Ispirata all’arte greca, dalla quale attinge la maggior parte delle sue risorse artistiche e figurative, la scultura romana dimostra una vitalità che si traduce in un’espressione del tutto inedita: nuove esigenze, nuovi generi, nuovi orientamenti estetici e iconografici proclamano l’originalità della scultura romana, come testimoniano le opere di questa sezione. Il repertorio “araldico”, frutto di rielaborazioni di modelli greci da parte delle botteghe neoattiche, è di notevole importanza per lo sviluppo dell’arte romana. Combinando in composizioni simmetriche personaggi in azione, consiste in una raccolta di motivi da declinare a piacimento, dove l’immagine, ricca di significati generici, acquisisce una dimensione simbolica invece di trascrivere realisticamente il gesto. Questo principio compositivo verrà utilizzato per la creazione di nuove immagini mitiche, come la tauroctonia di Mitra, culto di origine persiana la cui immagine è insieme narrativa e profondamente simbolica. La libertà con cui si utilizzano i principi della prospettiva e della costruzione realistica della figurazione viene messa al servizio della funzione simbolica dell’immagine. Il rilievo con veduta del Portus Augusti è un unicum dell’arte romana e con i registri topografici e simbolici che si mescolano vivacemente, senza rispettare alcuna prospettiva razionale, testimonia la labilità del confine tra arte erudita e popolare, come dimostra anche il sorprendente Rilievo con scena di bottega. I generi iconografici e dalle tipologie inventate adottati per rispondere al le nuove esigenze sono tra gli aspetti originali dell’arte romana. Le immagini dei barbari sconfitti, ispirate all’arte ellenistica, proclamano in una forma monumentale il potere e l’invincibilità dell’imperatore ed esprimono l’arte imperiale nella sua essenza. Infine, i grandi sarcofagi utilizzati per l’inumazione dei defunti a partire dal II secolo d.C. favoriscono lo sviluppo dell’arte del rilievo. Narrazione continua, scene mitologiche di carattere “araldico”, allegorie che ritraggono il defunto come uno dei Sette Savi della Grecia antica o composizioni “biografiche” che esaltano le imprese private o pubbliche del committente, arricchiscono un repertorio di immagini di sorprendente vitalità, sintomatica di quell’arte romana che trae ispirazione da diverse fonti ma che giunge a produrre un’espressione del tutto peculiare.