Cento anni – Prima Guerra Mondiale

Cento_anni_dalla_guerraLA PRIMA GUERRA MONDIALE – Fu un confitto armato che coinvolse le principali potenze mondiali e molte di quelle minori tra l’estate del 1914 e la fne del 1918. Chiamata inizialmente dai contemporanei “guerra europea”, con il coinvolgi- mento successivo delle nazioni del Commonwealth e di altri paesi extraeuropei tra cui gli Stati Uniti d’America e l’Impero giapponese, prese il nome di “guerra mondiale” o anche “grande guerra”: fu infatti il più grande confitto armato mai combattuto fno alla seconda guerra mondiale. Il confitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guer- ra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo, e si concluse oltre quattro anni dopo, l’11 novembre 1918. A causa del gioco di alleanze formatesi negli ultimi decenni dell’Ottocento, la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali (Germania, Austria- Ungheria, Impero ottomano) e la Bulgaria (questa dal 1915) e dall’altra le potenze Alleate rappresentate principalmente da Francia, Regno Unito, Impe- ro russo e Italia (questa dal 1915). Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa) di cui oltre 9 milioni cad- dero sui campi di battaglia; si dovettero registrare anche circa 7 milioni di vittime civili, non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie. Le prime operazioni militari del confitto furono l’invasione austro-ungarica della Serbia e la fulminea avanzata dell’esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, dove però non riuscì a raggiungere Parigi a causa della grave sconftta sulla Marna nel settembre 1914, che infranse le speranze della Germania di una guerra breve e vittoriosa, degene- rata invece in una logorante guerra di trincea che si replicò su tutti i fronti e perdurò fno al termine del confitto. Man mano che procedeva, la guerra raggiunse una scala mondiale con la partecipazione di molte altre nazioni, come il Regno di Romania e il Regno di Grecia. Determinante per l’esito fna- le fu nel 1917 l’ingresso degli Stati Uniti d’America a fanco degli Alleati. Diverse altre nazioni si schierarono contro gli Imperi centrali, spesso non entrando nel confitto armato, ma dispensando im- portanti aiuti economici. La guerra si concluse definitivamente l’11 novembre 1918 quando la Germa- nia, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, frmò l’armistizio imposto dagli Alleati. I maggiori imperi esistenti al mondo tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo – si estinsero, generando diversi stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica dell’Europa.

L’ITALIA ENTRA IN GUERRA – Dopo l’attentato di Sarajevo Austria-Ungheria e Germania decisero di tenere all’oscuro delle loro decisioni l’Italia, in considerazione del fatto che il trattato di alleanza avrebbe previsto, in caso di attacco dell’Austria-Ungheria alla Serbia, compensi territoriali per l’Italia. Il 24 luglio Antonino di San Giuliano ministro degli esteri italiano, prese visione dei particolari dell’ultimatum e protestò con l’ambasciatore tedesco a Roma, dichiarando che se fosse scoppiata la guerra austro-serba sarebbe derivata da un premeditato atto aggressivo di Vienna; la decisione uffciale e defnitiva della neutralità italiana fu presa nel Consiglio dei ministri del 2 agosto 1914 e fu diramata la mattina del 3. La neutralità ottenne inizialmente consenso unanime, sebbene il brusco arresto dell’of- fensiva tedesca sulla Marna facesse nascere i primi dubbi sulla invincibilità tedesca. Gruppi interventisti minoritari andarono formandosi nell’autunno 1914 fno a raggiungere una consistenza non trascurabile dopo appena pochi mesi; gli interventisti paventavano la sminuita statura politica, incombente sull’Italia, se fosse rimasta spettatrice passiva: i vincitori non avrebbero dimenticato né perdonato, e se a prevalere fossero stati gli Imperi centrali si sarebbero vendicati della nazione vista come traditrice di un’alleanza trentennale. Alla fne del 1914 il ministro degli esteri Sidney Sonnino avviò contatti con entrambe le parti per ottenere i maggiori compensi possibili e il 26 aprile 1915 concluse le trattative segrete con l’Intesa mediante la frma del patto di Londra, con il quale l’Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese. Il 3 maggio successivo fu rotta la Triplice alleanza, fu avviata la mobilitazione e il 24 maggio fu dichiarata guerra all’Austria-Ungheria ma non alla Germania, con cui Antonio Salandra sperava, futilmente, di non guastare del tutto i rapporti. Il piano strategico dell’esercito italiano, sotto il comando del generale e capo di stato maggiore Luigi Cadorna, prevedeva un atteggiamento difensivo nel settore occidentale, dove l’impervio Trentino costituiva un saliente incuneato nell’Italia settentrionale, e un’offensiva a est, dove gli italiani potevano contare a loro volta su un saliente che si proiettava verso il cuore dell’Austria-Ungheria. Dopo aver occupato il territorio di frontiera, il 23 giugno gli ita- liani lanciarono il loro primo assalto alle postazioni fortificate austro-ungariche, attesate lungo il corso del fiume Isonzo: l’azione andò avanti fino al 7 luglio, ma a dispetto della superiorità numerica gli italiani non conquistarono che poco terreno al prezzo di molti caduti.  Lo schema si ripeté identico a metà luglio, e poi ancora in ottobre e novembre: ogni volta gli assalti frontali degli italiani cozzarono san- guinosamente contro le trincee austro-ungariche attestate sul bordo dell’altopiano del Car- so, che sbarrava agli attaccanti la via per Gorizia e Trieste.

CAPORETTO – Sul fronte dell’Isonzo gli italiani sferrarono due nuove offensi- ve a metà maggio e poi ancora ad agosto, guadagnando qualche posizione sul bordo dell’Altopiano della Bainsizza seppur al prezzo di molti caduti; il fronte austro-ungarico fu però talmente logorato che la Germania intervenne ancora una volta. Hindenburg e Ludendorff si accordarono con il comandante in capo austro-ungarico Arthur Arz von Straussenburg per l’organizzare un’offensiva combinata. Alle 02:00 in punto del 24 ottobre 1917 le artiglierie austro-tedesche iniziarono a colpire le posizioni italiane dal monte Rombon all’alta Bainsizza, alternando lanci di gas a granate convenziona- li, colpendo in particolare tra Plezzo e l’Isonzo. Subito dopo la fanteria sfondò le linee italiane sia sulle montagne sia nella valle dell’Isonzo, dove una divisione tedesca rag- giunse il pomeriggio del 24 ottobre la città di Caporetto; quindi gli austro-tedeschi avan- zarono per 150 chilometri in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni, mentre l’esercito italiano ripiegava disordinatamente con numerosi casi di di- sgregazione e collasso di reparti. Cadorna, venuto a sapere della caduta di Cornino il 2 novembre e di Codroipo il 4, ordinò all’intero esercito di ripiegare sul fume Piave, ove nel frattempo era stata rafforzata una linea difensiva grazie agli episodi di resisten- za sul fume Tagliamento. La disfatta di Caporetto, oltre al crollo del fronte italiano e alla caotica ritirata delle armate schierate dall’Adriatico fno alla Valsugana, comportò la perdita in due settimane di 350.000 uomini fra morti, feriti, dispersi e prigionieri; al- tri 400.000 si sbandarono verso l’interno del paese. L’avanzata degli austro-tedeschi fu infne bloccata sulle rive del Piave a metà novembre, dopo una dura battaglia difensiva.

PERDITE UMANE – La prima guerra mondiale è stato uno dei confitti più sanguinosi dell’umanità. Nei quattro anni e tre mesi di ostilità persero la vita circa 2 milioni di soldati tedeschi insieme a 1.110.000 austro-ungarici, 770.000 turchi e 87.500 bulgari; gli Alleati ebbero all’incirca 2 milioni di morti tra i soldati russi, 1.400.000 francesi, 1.115.000 dell’Impero britannico, 650.000 italiani, 370.000 serbi, 250.000 rumeni e 116.000 statunitensi. Considerando tutte le nazioni del mondo, si stima che durante il confitto persero la vita poco meno di 9.722.000 di soldati con oltre 21 milioni di feriti, molti dei quali ri- masero più o meno gravemente segnati o menomati a vita. Migliaia di soldati soffrirono di una inedita tipologia di lesioni, studiata per la prima volta proprio nel primo dopoguerra, consistente in una serie di traumatizzazioni psicologi- che che potevano portare a un completo collasso nervoso o mentale: designa- ta come “trauma da bombardamento” o “nevrosi di guerra”, costituì la prima teorizzazione del disturbo post traumatico da stress. L’enorme perdita di vite umane provocò un grave contraccolpo sociale: l’ottimismo della Belle Épo- que fu spazzato via e i traumatizzati superstiti del confitto andarono a forma- re la cosiddetta “generazione perduta”. I civili non furono risparmiati: circa 950.000 morirono a causa delle operazioni militari e circa 5.893.000 persone perirono per cause collaterali, in particolare carestie e carenze di generi ali- mentari (condizioni sofferte in particolare dagli Imperi centrali, sottoposti al blocco navale alleato), malattie ed epidemie (particolarmente grave fu quella della cosiddetta “infuenza spagnola”, che mieté milioni di vittime in tutto il mondo) e inoltre per le persecuzioni razziali scatenatesi durante il confitto.