IX symposium COTEC Europa

cotec

Sua Maestà il Re ed i Presidenti della Repubblica Italiana e del Portogallo hanno presieduto a Lisbona al IX “encuentro Cotec Europa”. El Rei Don Juan Carlos, il Presidente Giorgio Napolitano ed il Presidente Anìbal Cavaco Silva, hanno presieduto nella sede de la Fundacao Champalimaud a Lisbona come Presidente di onore e principale promotore delle istituzioni Cotec dei tre Paesi. 250 gli impresari italiani presenti, oltre al presidente e direttori generali dei tre Cotec, al ministro de economia portoghese, Antònio Pires de Lima, al vice presidente della Commissione Europea per l’industria e l’imprenditorialità, Antonio Tajani, il direttore generale dell’impresa/industria della Commissione Europea Daniel Calleja. Si è presentato durante l’incontro un bilancio della situazione del sistema di innovazione dell’Italia, Portogallo e Spagna, e un documento sulla visione dei tre Cotec come migliori soluzioni per impulsare l’industrializzazione in Europa, un problema che preoccupa specialmente la Commissione Europea e che è imprescindibile per rilanciare le economie europee e migliorare le loro competitività. Il progetto Cotec Europa che è stato possibile grazie all’impulso personale di Sua Maestà il Re e che ha l’appoggio permanente dei capi di stato dell’Italia e del Portogallo, nacque dalla possibilità di condividere interessi comuni fra le tre istituzioni Cotec, in materia di sviluppo delle innovazioni e dell’opportunità di far arrivare alla commissione Europea le inquietudini specifiche sopra lo sviluppo delle innovazioni dei tre Paesi del Sud Europa, che rappresentano nell’insieme a più di 100milioni di europei. La nuova Europa industrializzata dipenderà dalla capacità tecnologica ed innovatrice, così che i tre Cotec hanno presentato un’analisi comparando su scala globale la situazione dell’industria Europea ed in particolare in Italia, Portogallo e Spagna, che mette in evidenza la debolezza delle economie europee in questo ambito. Questa situazione si deve principalmente al fatto che durante molti anni in Europa, si sia pensato che sarebbe stato possibile mantenere un sistema economico senza contare su un settore manifatturiero sviluppato, questo ha portato allo smantellamento dei grandi settori industriali europei. Infatti, il forte sviluppo industriale dei paesi emergenti e la lunga crisi europea, hanno evidenziato l’insostenibilità di questa situazione e l’urgente necessità di recuperare, nel breve tempo possibile, la capacità industriale perduta. Una responsabilità che dovrà essere assunta tanto nel settore pubblico come in quello privato, anche se saranno valide molte le idee che appoggiano gli strumenti che un giorno permisero di stabilire e mantenere l’attività industriale in Europa, saranno necessarie altre che permetteranno di accelerare il processo di reindustrializzazione sulla base della tecnologia e l’innovazione per garantire la competitività del nuovo settore manifatturiero europeo.

 

GLI INTERVENTI:

Sua Maestà il Re di Spagna, Juan Carlos

juan carlosDesejo, em primeiro lugar, agradecer ao Presidente da República Portuguesa, Excelentíssimo Senhor Doutor Cavaco Silva, pelo seu amável convite para prosseguirmos uma tradição que nos permite comprovar, a cada ano, o curso da atividade inovadora dos nossos três países. Envio, nesse sentido, os parabéns à Cotec Portugal pela impecável organização desta nona edição da Cotec Europa. Agradeço também a participação do Presidente Napolitano neste encontro no qual se tratam questões de tanto interesse para o maior progresso das nossas sociedades, e cumprimento com todo o meu afecto ao Vice-Presidente da Comissão Europea, Senhor Tajani, que nos acompanha por terceira vez. Doy las gracias, por último, a todos los asistentes que aportan su experiencia y conocimientos. Cotec Europa ha dedicado tiempo y esfuerzo a comprender las similitudes y diferencias de nuestros sistemas nacionales de innovación, a desarrol lar proyectos conjuntos y a formalizar propuestas para la mejora de la innovación. Con su labor, nos ayuda a entender mejor nuestra propia realidad, situándola en una perspectiva europea de más innovación y mayor avance. Este año, la cuestión central de nuestros trabajos es la reindustrialización. Una materia objeto de interés en toda Europa por su importancia para la revitalización de las economías, la lucha contra el paro y el aumento de las exportaciones. De hecho, los países más desarrollados indus trialmente han sido los que mejor han afrontado el impacto de la crisis y donde el desempleo ha sido menor. Por otro lado, el aumento de la capacidad innovadora de las economías depende, en gran medida, del peso de la industria, sector que tiene un import ante efecto tractor sobre el resto de ámbitos de actividad económica. Para impulsar una positiva reindustrialización a nivel europeo es preciso, pues, promover la innovación y continuar mejorando los conocimientos y habilidades de los trabajadores. Asimismo, es necesario conseguir una financiación más competitiva, especialmente para las pymes, que son un pilar fundamental de nuestras economías. También debemos avanzar en el mercado interno de la Unión Europea y en el acceso a los mercados internacio nales. En torno a estas cuestiones, la Unión Europea ha dado pasos importantes, como lo demuestra la “Estrategia Europea 2020” que subraya la política industrial como una de las prioridades estratégicas de nuestro continente para los próximos años. Señoras y Señores, estoy seguro de que el ejercicio de colaboración a través del debate y del intercambio de ideas desarrollado hoy redundará en beneficio de nuestras sociedades y economías. Termino mis palabras reiterando mi agradecimiento al Presidente Cavaco Silva y mi felicitación a cuantos han contribuido a la realización de este provechoso e ncuentro. Muchas gracias. Muito obrigado.

 

Il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano

Giorgio-NapolitanoSignor Presidente della Repubblica, Maestà, Signor Vice Presidente della Commissione europea, Signori Ministri, Signori Presidenti delle Fondazioni nazionali COTEC, Signore e Signori, oggi, nella splendida sede della Fondazione Champalimaud, prendendo la parola in virtù della prosecuzione – voluta dal Parlamento – del mio mandato di Presidente della Repubblica, vorrei cercare di guardare al futuro ed individuare insieme a voi quali dovrebbero essere gli assi portanti dell’azione di COTEC-Europa negli anni a venire. Nel 2012, l’Europa ha attraversato una delle pagine più difficili della sua storia: i nostri Paesi, duramente colpiti da una crisi economica e finanziaria senza precedenti nel secondo dopoguerra, costretti a scelte tanto dolorose quanto improcrastinabili per consolidare i propri conti pubblici, hanno visto chiudersi spazi di crescita e aumentare drammaticamente la disoccupazione. Ne è conseguita una contrazione dei consumi e del prodotto lordo, tradottasi in pericolosa recessione. Oggi, in una situazione ancora fragile, Portogallo, Spagna e Italia sembrano avviarsi verso una prima timida ripresa, pur nella consapevolezza che molto deve essere ancora fatto per trasformare le positive indicazioni di fine 2013, corroborate dalle più recenti proiezioni del Fondo Monetario Internazionale, in tendenze concrete e durature. Sono certo che alle nostre tre Fondazioni spetti dare un contributo rilevante all’individuazione di meccanismi idonei a declinare tali primi positivi segnali in un più deciso impegno a rafforzare i settori della ricerca e dell’innovazione, chiavi di volta di ogni azione mirata ad elevare la competitività del nostro sistema produttivo, a stimolare la crescita ed a generare occupazione. COTEC Europa ha energie, competenze e strumenti per affrontare questo delicato compito e può rappresentare quindi un prezioso volano di impulso e rilancio. I legami tra ricerca e innovazione, crescita e competitività, sono evidenti. Lo dimostra in maniera lampante l’Innovation Scoreboard 2013 dell’Unione Europea, mettendo in luce realtà forse sgradite, che devono condurre però ad una riflessione e – lo auspico fortemente – ad uno scatto di orgoglio e ad un atteggiamento fortemente proattivo dei nostri tre sistemi-paese, delle nostre tre COTEC e della loro espressione “federativa”. Secondo l’Innovation Scoreboard, il divario tra i Paesi leader nei processi di innovazione (Svezia, Germania e Danimarca) e i cosiddetti “innovatori moderati” (tra cui rientrano Portogallo, Spagna e Italia) cresce; gli Stati Membri che hanno continuato a investire in ricerca e innovazione anche durante la crisi hanno ottenuto risultati migliori di quelli che non l’hanno fatto; la capacità di innovazione dell’UE è stata trainata principalmente dalle Piccole e Medie Imprese. Da queste considerazioni emerge con chiarezza la via da seguire : colmare il divario che ci separa dai Paesi più avanzati sulla via dell’innovazione al fine di rilanciare le nostre economie. Occorrerà ancorare fortemente il mondo della ricerca e dell’innovazione a quello dell’impresa e in particolare a quello delle Piccole e Medie Imprese che in Italia, nonostante i colpi della crisi, restano un tessuto vitalissimo e rappresentano una larghissima parte del tessuto produttivo nazionale. Bisogna però aver presente – e lo ha ricordato di recente il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che “l’Italia risponde ancora in maniera insufficiente alla sfida dell’innovazione tecnologica e della globalizzazione dei mercati. Ritengo quindi che il tema del IX Simposio COTEC – la re-industrializzazione – rifletta ampiamente gli interessi di Lisbona, Madrid e Roma e sono certo che il dibattito odierno, insieme alla Dichiarazione dei Ministri, fornirà valide indicazioni operative per rafforzare quello che resta il vero motore di crescita dell’economia. In un mondo in continua evoluzione, dove la Cina sta assumendo posizioni sempre più forti nella produzione e nel commercio internazionale, la strada della re-industrializzazione in Europa deve necessariamente passare attraverso un’attenzione sempre maggiore all’innovazione e alla ricerca, affinché la produzione europea rimanga sempre all’avanguardia dal punto di vista qualitativo e tecnologico. Solo così le nostre imprese potranno sempre meglio competere sullo scacchiere internazionale e cogliere le opportunità legate al continuo incremento della produzione mondiale, che il World Economic Outlook Update di fine gennaio situa intorno al 3,7% per il 2014, e la crescita del commercio internazionale, che l’Organizzazione Mondiale per il Commercio prevede si attesti intorno al 4,5% nell’anno in corso, grazie ad una spinta decisiva delle importazioni e delle esportazioni dei Paesi emergenti – nonostante le difficoltà recenti di alcuni di essi – e dei Paesi in via di sviluppo. Più innovazione e più ricerca, inoltre, ci consentiranno di cogliere anche le opportunità che si schiuderanno con il Transatlantic Trade and Investment Partnership. Tenendo presenti questi dati di fondo, si può ben dire : quello che sarà dell’Europa e dell’Occidente dipenderà in buona parte anche da noi. Dipenderà dalla nostra capacità di innovare, cambiare ed adattare la nostra cultura di impresa per affrontare le sfide poste dalla competizione dei Paesi emergenti. Ma è ovvio che il necessario balzo in avanti non potrà essere demandato esclusivamente al singolo imprenditore, alla singola azienda, per quanto “innovation oriented and driven” essi siano. È un cambiamento che deve coinvolgere l’intero Sistema Paese in Italia, come in Portogallo e Spagna, e deve trovare il necessario ancoraggio a Bruxelles. Occorre, a questo proposito, tener conto delle radicali trasformazioni tecnologiche intervenute e ancora in corso; si deve quindi procedere – dove non lo si sia già fatto – a riforme dei sistemi formativi e del mercato del lavoro, investire in conoscenza, ricerca, preparazione della giovane forza lavoro a nuove opportunità e forme di occupazione. Una crescita sostenuta e qualificata richiede certamente riforme strutturali, ma richiede in pari tempo un rilancio, oltre che di investimenti privati, anche di ben mirati investimenti pubblici, al servizio di progetti europei e nazionali. E richiede un’attenzione particolare alle Piccole e Medie Imprese che sono il cuore dell’economia europea e necessitano di regole semplici ed efficaci, che limitino gli oneri amministrativi e fiscali e facilitino l’accesso al credito e all’innovazione. Per quanto riguarda l’Italia, va sottolineato l’impegno del governo di procedere con misure di sostegno immediato alle attività innovative e di ricerca delle imprese, prevedendo a tal fine il ricorso a fondi strutturali europei per le regioni del Mezzogiorno e a fondi nazionali per le regioni del Centro-Nord. Occorre promuovere di più la spesa in Ricerca e Sviluppo, area nella quale – come ho già detto – i nostri tre Paesi investono una percentuale del PIL inferiore alla media europea. La Strategia “2020” dell’Unione sostiene prioritariamente gli sforzi nazionali nel campo dell’innovazione. Ad essa si accompagna la componente essenziale dello “Spazio europeo della ricerca”, inteso a fare dell’innovazione e delle nuove tecnologie la leva di una riconversione industriale centrata sulla sostenibilità, sull’efficienza e sull’integrazione fra la ricerca e l’applicazione dei suoi risultati. Il Consiglio Europeo di ottobre ha dal canto suo confermato l’obiettivo della realizzazione di un mercato unico digitale entro il 2015. Anche il programma della Commissione Europea in tema di clima ed energia per il 2030 racchiude in sé strumenti di sicuro interesse per continuare a puntare sull’efficienza e la sostenibilità dei processi produttivi, incentivando l’uso di fonti di energia rinnovabile. Infine, il prossimo Consiglio Europeo di Marzo toccherà, tra le altre, la questione da noi affrontata in questa sessione COTEC, del rafforzamento del tessuto industriale europeo per incentivare crescita e occupazione. Sono tessere di un unico mosaico che descrivono un’Europa largamente in grado di mettere in opera gli strumenti necessari ad uscire dalla crisi in cui è rimasta presa negli ultimi cinque anni (e ancor più) e di mostrarsi più competitiva sul piano internazionale. Dobbiamo peraltro essere consapevoli – e cito ancora il governatore Visco – che “la fiducia faticosamente riguadagnata non deve essere indebolita dal riaccendersi di timori sulla risolutezza dell’Italia, e di tutti i paesi dell’area dell’Euro, a proseguire sulla strada delle riforme e della responsabilità”. Politiche ed iniziative su cui le COTEC nazionali devono saper fare leva, non in competizione, ma in sinergia le une con le altre, in special modo per accrescere il grande potenziale rappresentato dalla vasta area delle Piccole e Medie Imprese. Insieme le tre Fondazioni possono farsi interpreti autorevoli di un patto federativo per l’innovazione che incentivi investimenti pubblici e privati, avvicini il mondo imprenditoriale e il mondo della ricerca, valorizzi le giovani generazioni aprendosi con fiducia alle loro idee, creando nuove opportunità e suscitando concrete speranze per il futuro. Con questa nota di ragionevole ottimismo e fiducia nelle nostre capacità e nella nostra visione rinnovo il mio apprezzamento per questa esperienza e iniziativa comune ai nostri tre Paesi, augurando alla COTEC un pieno successo negli anni a venire.

 

Il Presidente della Repubblica del Portogallo, Aníbal Cavaco Silva

presidente-portogalloPermitam-me que comece por agradecer à Fundação Champalimaud, na pessoa da sua Presidente, a disponibilização deste lugar, inspirador do conhecimento e da excelência, para os trabalhos do 9º Encontro Cotec Europa, este ano dedicado ao tema da reindustrialização. É com um sentimento de profunda amizade que saúdo a presença, que muito nos honra, de Sua Majestade o Rei de Espanha, D. Juan Carlos, e do Senhor Presidente da República de Itália, Giorgio Napolitano. Gostaria também de agradecer a participação do Senhor Comissário Antonio Tajani, que nos trouxe uma perspetiva do maior interesse sobre as recentes propostas da Comissão Europeia em matéria de reindustrialização na Europa. Dirijo igualmente uma saudação ao Senhor Ministro da Economia, que liderou o encontro interministerial sobre os desafios comuns para a política industrial dos nossos países. Senhoras e Senhores, Durante anos, predominou a ideia de que uma economia avançada poderia dispensar uma base industrial forte e competitiva. Dizia-se que a Europa inventaria a tecnologia com que outros produziriam os bens. Face à globalização dos mercados, que de resto não poupou os serviços, a desindustrialização das nossas economias foi ampliada pela dificuldade da Europa em responder aos seus desafios internos e em encetar as reformas necessárias. Neste contexto, os grupos industriais internacionais encararam a Europa como um destino menos atrativo para os seus investimentos. Este declínio da atratividade do setor industrial europeu e a crise financeira de 2008 intensificaram os riscos de desmantelamento de boa parte do tecido produtivo, especialmente notórios nos setores com bases industriais mais frágeis e orientadas para uma produção de baixo valor acrescentado. A verdade é que a indústria constitui uma importante base de inovação tecnológica, sendo, além disso, o principal pilar das exportações. Em comparação com outros setores, a indústria mantém um nível mais estável de emprego e uma maior produtividade média. Alguns tenderão a confundir a ideia de reindustrialização da Europa com uma visão obsoleta e saudosista das grandes indústrias pesadas, de baixo valor acrescentado, com um uso intensivo de energia e recursos naturais, com uma relação precária, ou mesmo nociva, com o ambiente e com a qualidade de vida das populações. Esta é a imagem da indústria do passado, cujo regresso não desejamos. A indústria do futuro deve ser, pelo contrário, uma atividade produtiva capaz de conciliar as dimensões económicas, ambientais e sociais do desenvolvimento sustentável. A produção industrial deverá basear-se numa utilização mais eficiente da energia e dos recursos naturais, com uma atenção mais responsável à segurança e à qualidade dos produtos e à sua relação com o ambiente. A subida tendencial dos custos dos fatores de produção nas economias emergentes e a adoção intensiva de tecnologias de automação estão a criar oportunidades para a relocalização da produção industrial nas economias mais desenvolvidas e estruturadas. Senhoras e Senhores, Apesar do bom comportamento das exportações nos últimos anos, e de todas as reformas empreendidas, os níveis de produção industrial nos países do sul da Europa continuam a situar-se em valores inferiores aos de 2008, ao contrário de países que recuperaram quase totalmente os níveis anteriores à crise. A descida dos custos unitários do trabalho deu um impulso à competitividade das empresas. Mas estes ganhos só poderão ser mantidos, de forma sustentada, através da melhoria do capital humano e da adoção de processos de inovação. As empresas que saíram mais fortes da crise conseguiram racionalizar custos e recuperar níveis de rentabilidade. O seu sucesso assenta no investimento continuado na inovação, numa estreita cooperação com clientes e fornecedores, na especialização em nichos setoriais com melhor desempenho e, por fim, na expansão através da diversificação geográfica. A elevação da competitividade das nossas empresas não pode depender só do ajustamento dos custos do trabalho. As empresas com maior sucesso são, visivelmente, as que mais investem em Investigação & Desenvolvimento e na formação do seu capital humano. O tecido industrial dos nossos países é caracterizado, como sabemos, pela pequena dimensão das empresas, o que diminui, ainda mais, a já escassa capacidade de investimento e de incorporação de conhecimento e tecnologia. A existência de políticas de transferência tecnológica que potenciem o crescimento das nossas empresas representa, por isso, um fator essencial para elevar a especialização e aumentar a produtividade. Segundo o relatório apresentado no último encontro COTEC Europa, em Madrid, as diferenças de produtividade entre as micro e as grandes empresas nos setores transformadores podem variar entre duas e quatro vezes. A necessidade de estabilização macroeconómica e consolidação orçamental tem feito pesar sobre os nossos países sacrifícios de diversa ordem. Em matéria do desempenho na inovação, a convergência que se verificava há mais de uma década foi, segundo os dados da Comissão Europeia, interrompida pela primeira vez em 2012. Há que evitar o enfraquecimento das políticas de Investigação & Desenvolvimento, porque tal significaria, a médio prazo, reduzir a eficiência dos sistemas de inovação e alargar o fosso que nos separa dos países mais competitivos da União Europeia. Menos investimento em inovação conduziria ao agravamento do défice tecnológico das empresas nas economias do Sul, que se situa em cerca de 20 por cento face à média da União Europeia. Se ambicionamos ser nações inovadoras e se queremos competir com países que têm vindo a intensificar a aposta em áreas tecnológicas de elevado potencial de crescimento, não podemos continuar a reduzir o investimento na produção de conhecimento e desenvolvimento tecnológico. A nossa estrutura produtiva terá que beneficiar da transferência de um nível mais elevado de conhecimento e de tecnologia, quer através de uma maior interação com os agentes de inovação nacionais, quer por meio de uma maior participação nas redes do espaço europeu de inovação. Uma grande parte das nossas empresas economicamente viáveis, com destaque para as PME, tem enfrentado custos financeiros desmesurados. O facto de as empresas exportadoras, em particular, suportarem encargos de juro muito superiores às suas congéneres europeias prejudica seriamente a sua competitividade, afeta as decisões de investimento e dificulta a penetração em novos mercados.Face à fragmentação que se verifica no mercado financeiro europeu, é urgente a concretização, à escala da União Europeia, de novas fontes de financiamento não-bancário. No novo quadro financeiro Europeu, os fundos comunitários devem contemplar o relançamento industrial, com uma aposta decisiva nas novas indústrias e nas indústrias criativas. As políticas europeias de reindustrialização devem ter presente as necessidades específicas dos vários Estados-membros, atendendo, por exemplo, ao peso que as PME possuem em certas economias. A reindustrialização tem, pois, de ser concretizada de uma forma harmoniosa e coerente em toda a Europa, estando ao serviço do aprofundamento da integração e da coesão. Complementarmente, em matéria de política de energia, exige-se um novo modelo energético, mais competitivo e mais eficiente. Os pilares desse modelo não poderão esquecer, contudo, os objetivos e as estratégias de investimento público, já consagrados por diversos Estados-membros, nos sistemas de produção energética baseados em energias renováveis. O esforço de reindustrialização tem de ser acompanhado, finalmente, por uma política comercial comum da União Europeia mais eficaz e mais exigente. Se isso não acontecer, dificilmente teremos efeitos visíveis no crescimento da economia e na criação de emprego. A União deve defender os seus interesses, de forma mais rigorosa e integrada, quer no quadro da Organização Mundial de Comércio, quer através de parcerias de cooperação com outras regiões do mundo. É essencial que o free trade seja também um fair trade. Se o comércio mundial não for leal, nunca será verdadeiramente livre. A União Europeia continua a sofrer os efeitos de práticas de distorção da concorrência a nível mundial, como o dumping, os auxílios de Estado, as diferentes regras e exigências em matéria social ou ambiental. E, se os efeitos destas distorções de mercado se projetam na capacidade comercial da União como um todo, o certo é que afetam certas economias de forma particularmente significativa. Senhoras e Senhores, A nova iniciativa da Comissão Europeia para uma estratégia industrial, integrada na Estratégia Horizonte 2020, constitui uma oportunidade para inverter as assimetrias na competitividade das nossas economias e para conferir um novo incentivo ao investimento e à criação de emprego qualificado e mais estável. Trata-se de um Programa orientado para as empresas em áreas de enorme relevância – indústria transformadora, transportes, saúde e bem-estar, por exemplo -, que poderá dar um novo impulso à cooperação entre as universidades e o tecido empresarial e gerar maior envolvimento e proximidade dos jovens investigadores a problemas de interesse industrial. Importa por isso, conseguir uma forte mobilização junto de universidades, centros tecnológicos, associações empresariais e setoriais, de forma a criar uma dinâmica de organização e cooperação que permita tirar o máximo partido desta nova oportunidade de transferência tecnológica e de modernização da nossa indústria. A Estratégia Horizonte 2020 será, de resto, uma boa oportunidade para reforçar os laços de cooperação entre redes de empresas e universidades dos nossos três países. As organizações COTEC poderão ter aqui, segundo creio, um papel de grande influência. Continuar a investir no incremento do conhecimento científico e tecnológico e na sua difusão à economia deverá ser uma prioridade. Reforçar o conteúdo tecnológico e a cultura de inovação dos nossos tecidos produtivos, que mantêm ainda fragilidades preocupantes, continua a ser um desígnio estratégico comum a Espanha, Itália e Portugal. Estou certo de que a reflexão resultante deste Encontro sobre os desafios da reindustrialização da Europa dará um contributo de relevo para a definição de uma nova política industrial na União. Agradeço a participação de todos vós. Sei que todos os que aqui se encontram partilham a mesma ambição de um futuro melhor para a União Europeia e para os povos que a integram. Muito obrigado.

 

Il Vice‑Presidente della Commissione Europea e Commissario per l’Industria e l’Imprenditoria, Antonio Tajani

Tajani-CotecExcellentissimo Senhor Presidente da Republica Portugesa, Majestad, Signor Presidente della Repubblica Italiana, Signore e Signori, Creio que uma das ações de maior impacto destes últimos cinco anos foi o ter posto a economia real, o trabalho e a indústria no centro da agenda politica. Esta nova rota da Comissão Europeia tem tido um largo reconhecimento, inclusive da parte do Presidente do Parlamento Europeu, Martin Schulz. Non era scontato. All’inizio del nostro mandato imperava il pensiero dominante di un’Europa post industriale, focalizzata su servizi e finanza. La crisi ci ha fatto vedere i rischi legati a una finanza autoreferenziale e senza regole. E ci ha fatto constatare la fragilità di economie prive di una solida base industriale e di capacità d’innovazione. Abbiamo finalmente aperto gli occhi: senza industria non si cresce e non si crea lavoro. Buona parte delle nostre esportazioni, dell’occupazione, della ricchezza, dipendono dall’economia reale. Senza radici profonde nel manifatturiero, anche i servizi s’inaridiscono. E’ dal processo industriale che nasce la maggior parte dell’innovazione. La parola stessa, industriarsi, evoca creazione, ricerca continua di nuove frontiere, una spinta a essere migliori. La sua essenza è l’ingegno, che ha fatto di Ulisse, protetto da Atena, il vero eroe dei poemi omerici. L’eroe di Itaca è il primo uomo europeo che affronta con la forza della mente le sfide e l’avventura verso l’ignoto. Quella stessa spinta all’esplorazione di nuove rotte, nuove scoperte, nuove vie commerciali, ha animato i grandi navigatori, capitani d’intrapresa portoghesi, spagnoli o italiani. Anche grazie a loro si è sviluppato il Rinascimento economico e culturale europeo. In questa nuova visione di centralità dell’industria si guarda al futuro. Non vecchie ciminiere inquinanti, ma una produzione moderna, con in primo piano: qualità, sostenibilità e nuove tecnologie. In un sistema dove servizi, finanza e manifattura, lungi dall’essere contrapposti, sono indissolubilmente legati. Rimettere l’industria al centro non basta. Ora dobbiamo agire. L’eccesso di austerità ha fortemente indebolito la nostra base produttiva. Abbiamo perso investimenti e milioni di posti di lavoro. Siamo al record negativo, con solo il 15% di PIL legato al manifatturiero. Abbiamo perso competitività a livello globale. Anche perché investiamo molto meno di USA, Giappone o Corea in innovazione. Per questo, la nostra strategia per riportare il PIL del manifatturiero al 20% entro il 2020, parte proprio da innovazione e formazione, anima e cuore pulsante della rivoluzione industriale di cui vogliamo essere leader. Solo con più investimenti in innovazione industriale l’Europa può rispondere ai problemi di crescita, occupazione, scarsità delle risorse, surriscaldamento, che abbiamo davanti. Ecco perché nella strategia su industria – energia – clima appena approvata, è proprio l’innovazione a suggellare il matrimonio tra industria e sostenibilità: accanto a misure per la lotta ai cambiamenti climatici viene tracciata la via “Per un Rinascimento Industriale Europeo”. Per la prima volta non è solo l’agricoltura ad avere risorse: quasi 1/6 del bilancio comunitario da qui al 2020 è destinato all’innovazione e alla competitività industriale. Con i cofinanziamenti nazionali, i prestiti della Banca Europea d’Investimento e le risorse private possiamo mobilizzare fino a 1000 miliardi. In parallelo, molti governi, tra cui quelli italiano, portoghese e spagnolo, ci sostengono con l’iniziativa degli “Amici dell’industria” per definire un’ambiziosa agenda per la riunione dei Capi di Stato e di Governo del mese di marzo, la prima dedicata all’industria. Il mio auspicio è che questo Vertice non sia un’occasione persa. I leader europei non devono limitarsi a enunciazioni di principio, ma garantire vera coerenza delle politiche su ricerca, infrastrutture, energia, ambiente, o educazione, con l’obiettivo della reindustrializzazione. La prima forza dell’Europa sono i tanti milioni d’imprenditori mossi da un sogno, da un’idea da realizzare. E’ la vera linfa vitale della nostra società. Ostacolare questa energia significa boicottare il lavoro, la crescita e, lo stesso modello di economia sociale di mercato. L’Europa non può permettersi di far fuggire le imprese. Per questo, il cambiamento più profondo che dobbiamo realizzare riguarda proprio il contesto in cui operano. Non ci siamo fermati alle buone intenzioni. Abbiamo dato l’esempio, avviando un ampio processo di semplificazione e applicando il test di competitività ad ogni nuova proposta legislativa. Ma anche gli Stati devono fare la loro parte. E, talvolta, gli appelli da soli non bastano. Rinascimento Industriale significa anche norme europee che obblighino le amministrazioni a pagamenti e licenze in 30 giorni, avvio di un’impresa in 3 giorni con 100 euro, riduzione dei tempi giudiziari. L’industria che vogliamo deve essere, prima di tutto, competitiva sui mercati internazionali. Dobbiamo puntare, senza ingenuità, su accordi di libero scambio che garantiscano alle nostre imprese un accesso effettivo, a parità di condizioni, ai mercati. A cominciare da quello degli Stati Uniti. Siamo la prima potenza economica, industriale e commerciale al mondo. Il nostro saper fare e la qualità dei nostri prodotti sono richiesti ovunque. E’ una grande forza dell’Europa che va fatta valere anche con una diplomazia economica. In un mondo che cambia velocemente, con l’emergere di nuovi grandi attori globali quali Cina, India, Brasile, Messico o Indonesia, nessuno Stato europeo è abbastanza ricco o popolato per pesare davvero. Imparare a parlare, sempre più, con una voce sola, è essenziale per garantire gli interessi della nostra industria; a cominciare da un accesso sicuro e a prezzi concorrenziali alle materie prime e all’energia. Per questo dal 2011 ho guidato molte missioni per la crescita con imprese europee per promuovere opportunità economiche e formalizzare accordi di cooperazione. A gennaio le tre imprese europee che lavorano all’allargamento del Canale di Panama, mi hanno scritto chiedendo alla Commissione di facilitare una soluzione del contenzioso in corso. Questo ha rafforzato la mia convinzione sulla necessità di una forte diplomazia economica. No puedo concluir mi discurso sin referirme a uno de los principales problemas que tenemos en Europa: el alto paro juvenil. Las “Misiones para el Crecimiento” también se organizan dentro de la Unión Europea y tienen la ventaja que vienen empresas de toda Europa a una ciudad en un mismo momento. Es la segunda vez en poco tiempo que vuelvo a Lisboa. El pasado 29 de noviembre reunimos casi 800 (ochocientas) empresas, de las que 185 (ciento ochenta y cinco) eran no portuguesas, para invertir y hacer negocios en Portugal. Sé que hay una segunda edición de esta Misión en Lisboa a inicios de abril y me felicito. Como estas reuniones empresariales funcionan bien en la lucha contra el paro juvenil, estoy organizando una en Valonia, Bélgica ahora en Febrero. Iré después a Italia, primero a Campania a mediados de marzo y a Sicilia a final de marzo. Acabaré esta serie de Misiones para el Crecimiento en España en Andalucía y Extremadura a primeros de abril. Conclusioni – Come ha ribadito il Primo Ministro greco Antonis Samaras da BusinessEurope, serve un’Industrial Compact che bilanci e integri il Fiscal Compact; con un consiglio Competitività che abbia un peso analogo a quello dell’Ecofin. Il solo patto fiscale, applicato con rigidità e troppa austerità, ha contribuito alla spirale recessiva che ancora distrugge la nostra base industriale e il lavoro. Solo orientando il timone verso l’economia reale, le Piccole e Medie Imprese e il lavoro, possiamo tagliare l’erba sotto i piedi ai populismi, a chi vorrebbe la fine dell’euro, della libertà di circolazione, a chi vede l’Europa come un nuovo Leviatano. Serve più solidarietà. Serve un bilancio federale, serve un vero governo economico. Serve una Banca Centrale capace di guardare alla stabilità, ma anche alla disoccupazione. Serve una Banca centrale capace si di contrastare l’inflazione, ma anche il reale pericolo di oggi: la deflazione. Ecco perché, tutti insieme, dobbiamo avere il coraggio innovativo dei Padri Fondatori nel perseguire un percorso iniziato molti anni fa che non può fermarsi oggi, pena il fallimento. Alle prossime elezioni europee la politica dovrà saper convincere a partecipare a un nuovo progetto di Europa che torni a fare sognare. Trasformando la protesta in voglia di cambiamento. Vorrei concludere il mio discorso rivolgendo un pensiero ai fucilieri della Marina Italiana che da due anni sono trattenuti in India con l’infamante accusa di terrorismo. Si trovavano nell’oceano Indiano a difendere la nostra libertà di commerciare i prodotti delle nostre imprese. Non riconoscere il loro ruolo di difensori della legalità comporterebbe, come ha detto Catherine Ashton, gravi ripercussioni, non solo in Italia, ma in tutti i Paesi coinvolti nella lotta contro la pirateria. Mi vengono in mente le parole di San Francisco Javier, uno spagnolo nato in Navarra, formatosi a Roma e al quale i portoghesi avevano affidato il compito di evangelizzare l’Asia. Le sue reliquie si trovano oggi in India, nella cattedrale di Goa. Diceva questo sacerdote missionario che: “Aunque nadie ha podido regresar y hacer un nuevo comienzo…cualquiera puede volver a comenzar y hacer un nuevo final”. Sono parole di speranza che rivolgo ai fucilieri di Marina italiani, con l’augurio di tornare presto in Patria. Ma sono parole che rivolgo anche a tutti coloro che vogliono innovare e quindi costruire un nuovo sogno europeo: gli Stati Uniti d’Europa.

 

 Il Presidente di Fundación COTEC, Juan-Miguel Villar Mir

Majestad, con Vuestra venia. Señor Presidente de la República de Portugal. Señor Presidente de la República de Italia. Señores Ministros. Señor Vicepresidente de la Comisión Europea. Señores Patronos de Cotec. Señoras y Señores. Me referiré brevemente en esta intervención a la situación del sistema de innovación español, a la nueva organización de Cotec España y a las actividades desarrolladas en este último ejercicio. La actual crisis ha puesto a prueba la consistencia de nuestro sistema de innovación. Un sistema que era pequeño para el tamaño de nuestra economía, pero que ya había alcanzado una reconocida capacidad de funcionamiento. Un sistema que ha resistido razonablemente bien la adversa situación económica y financiera. De las empresas que están integradas en nuestro sistema de innovación, porque desarrollan regularmente actividades de investigación y desarrollo, sólo las que ocupan entre 10 y 49 empleados han visto reducido sensiblemente esas actividades. El gasto empresarial en I+D sólo se ha visto disminuido apreciablemente en su componente de gasto de inversión, manteniéndose el gasto corriente prácticamente constante. El sistema público ha conseguido mantener su actividad durante los primeros tres años de la crisis, de modo que solamente a partir de 2012 se ha apreciado un descenso de gasto. Los indicadores de output, como publicaciones, patentes y comercio exterior también han confirmado la solidez de nuestro pequeño, pero eficaz, sistema de innovación. Es evidente la necesidad que tenemos en España de aumentar considerablemente el tamaño de nuestro sistema de innovación y de potenciar todo lo posible su eficiencia y su eficacia. Este ha sido y seguirá siendo el objetivo final de Cotec España. En las actuales circunstancias, hemos buscado nuevas formas de trabajo, y hemos replanteado nuestra estrategia, para que Cotec sea una auténtica palanca de la innovación española. Uno de los mejores activos de que dispone Cotec España es su Patronato. Era, por tanto, lógico darle un mayor protagonismo en la nueva estrategia que hemos diseñado, y la respuesta ha sido tan excelente que hemos podido crear cinco Comités, presididos cada uno de ellos por un Patrono, y en los que se han integrado además expertos, tanto de nuestras propias empresas e instituciones como ajenos. Su estructura es la siguiente:  El Comité de Economía se dedica a analizar los efectos que la situación macroeconómica tiene sobre la innovación, con especial atención a lo que ocurre en España; El Comité de Entorno empresarial se ocupa de la financiación, la formación, la regulación y la accesibilidad a la tecnología; El Comité de Empresa innovadora se dedica al análisis de las características estructurales y sectoriales de nuestro tejido productivo, que impactan en su capacidad innovadora, prestando especial atención a las pymes; El Comité de Relaciones con las Administraciones Públicas se ocupa de los aspectos que necesitan una atención especial de esas administraciones públicas; Y el Comité de Relaciones internacionales tiene como misión identificar y analizar mejores prácticas internacionales en el fomento de la innovación. La actividad en este ejercicio se ha orientado a compartir nuestras inquietudes y logros con toda la comunidad preocupada por la innovación de la que, además de las empresas, forman parte los investigadores y los responsables de las administraciones. Con este objetivo estamos celebrando reuniones en toda la geografía española, reuniones en las que no sólo difundimos los resultados de nuestros trabajos sino que también recogemos las ideas de investigadores y expertos. Esto lo estamos haciendo de una manera formal, mediante el debate de un documento elaborado por Cotec, que propone el escenario deseable para la innovación española y la forma de lograrlo en un futuro inmediato. Trabajamos para ofrecer a la sociedad española un sólido conjunto de recomendaciones para guiar la actuación de todos los actores del sistema español de innovación. En la preparación de todos los documentos y en los debates que hemos mantenido, han surgido con claridad dos necesidades de nuestra economía, en cuya solución la innovación jugará un papel muy relevante. Son la reindustrialización y la internacionalización. Como se ha visto en la sesión técnica, necesitamos la reindustrialización para sostener los niveles de bienestar a que nuestra sociedad está acostumbrada. Y esto está recogido en las directrices para la reindustrialización que defiende la Comisión Europea. Otro elemento de estas directrices es el fomento de la colaboración público-privada en dominios industriales clave. Desde Cotec apreciamos el esfuerzo de la Comisión para añadir a sus tradicionales políticas tecnológicas un impulso decidido a la actividad innovadora que es la que convierte los resultados de la investigación en riqueza y bienestar para toda la sociedad. La necesaria reindustrialización debe estar orientada al mercado global y debe tener bien en cuenta las experiencias previas de diferentes países, que han demostrado que es muy difícil tener éxito apoyándose sólo en lo que se han denominado “campeones industriales”. La estrategia más segura es la de impulsar el sector manufacturero en su conjunto, para identificar oportunidades en el mercado global, ya que es un hecho que el comercio internacional crece mucho más deprisa que el PIB mundial. Entre los años 2000 y 2012, el primero creció un 75% mientras el segundo sólo lo hizo el 54%. Esta diferencia de crecimiento permite ver la globalización no tanto como amenaza sino como oportunidad, especialmente para las empresas innovadoras, que además pueden buscar sus nichos de mercado en cualquier lugar del mundo. Al margen de los esfuerzos de la Comisión Europea para negociar la eliminación de barreras comerciales, tanto regulatorias como técnicas, las empresas de cualquier tamaño tenemos que hacer esfuerzos, tanto de orden estratégico como operativo, para la internacionalización. Una estrategia de internacionalización que pasa necesariamente por una transformación de muchas prácticas empresariales, desde las estrictamente comerciales a las de gestión del capital humano, pasando por las jurídicas y las de aprovisionamiento. En el ámbito operativo, muy probablemente será necesario no sólo revisar las pautas de producción sino también las de concepción, desarrollo y diseño de los productos y servicios destinados a un mercado global. Termino felicitando a Cotec Portugal por la magnífica organización de este Encuentro, que ha permitido una vez más que pongamos en común nuestras experiencias, de las que todos aprendemos. Agradezco muy especialmente al Vicepresidente Tajani su intervención, que nos permitirá hacernos una clara idea de los objetivos de la política industrial comunitaria. Y deseo muy especialmente manifestar en nombre de Cotec España el más profundo y sentido agradecimiento a SM el Rey por su actividad en todas las circunstancias y por su permanente ejemplo del mejor espíritu de servicio. Muchas gracias Majestad. Y muchas gracias también por su presencia a SE el Presidente de la República Italiana y a SE el Presidente de la República de Portugal, quien nos ha brindado su amable hospitalidad. Y a todos ustedes por su atención. Muchas gracias.

 

Il Presidente di Fondazione COTEC, Luigi Nicolais

Signor Presidente della Repubblica del Portogallo, Maestà, Signor Presidente della Repubblica Italiana, Signor Primo Ministro, Signori Ministri, Signori Presidenti delle Fondazioni COTEC di Portogallo e Spagna, Signori Ambasciatori, Illustri esponenti del mondo imprenditoriale ed accademico, Signore e Signori. L’appuntamento periodico di COTEC Europa assume quest’anno un importante significato simbolico e politico: nel 2014 due Paesi mediterranei, Grecia e Italia, si alternano alla guida della Presidenza dell’Unione Europea. Sono due Paesi che da sempre hanno operato per costruire un’idea di Europa più ampia, ricca e inclusiva rispetto a quella dei mercati e della finanza. Un’Europa di popoli, idee, cultura e benessere; pronta a raccogliere e vincere sfide; superare pregiudizi; rafforzare diritti; estendere la prosperità a chi non ce l’ha. Ed è l’Europa alla quale noi oggi guardiamo con interesse e grandi aspettative convinti che solo una rinnovata e rafforzata unione politico-culturale potrà trarre fuori dal cono d’ombra le economie in crisi. Durante la stagione industriale, di cui il continente europeo è stato iniziatore e propulsore, i fattori produttivi fondamentali sono stati il capitale e la forza lavoro. Sull’equilibrio e le disponibilità di entrambi si fondavano ricchezze, competitività, successo. Oggi i fattori sono cambiati. In un mondo scopertosi improvvisamente diverso, più piccolo, più magmatico, le leve che aprono al futuro sono la conoscenza, le tecnologie e l’informazione. Già nel 2000, da qui, da Lisbona, il Consiglio Europeo, con straordinaria lungimiranza, si pose l’obiettivo di trasformare entro il 2010 l’economia dell’Unione in una economia basata sulla conoscenza. A distanza di poco meno di un quindicennio, siamo ancora lontani dal raggiungimento di quel traguardo e molto resta da fare per evitare che la Strategia di Lisbona diventi sinonimo di obiettivi mancati e di promesse non tenute. Nel frattempo, però, la trasformazione delle economie dei Paesi occidentali ha subito una incredibile accelerazione, passando da economie industriali a economie finanziarie e di servizi, lasciando che i Paesi emergenti diventassero le officine del mondo. Officine che, pur tenendo vive tutte le contraddizioni sociali ed economiche, hanno superato rapidamente la stagione delle produzioni low-cost e low-profile. Investendo in saperi, tecnologie, capitale umano, sono diventate in un arco temporale relativamente breve, competitori anche sul terreno dell’innovazione e delle produzioni avanzate. Ma ciò non deve spaventarci. La sfida dei prossimi anni sarà il governo e lo sviluppo delle Tecnologie Chiavi Abilitanti, tecnologie avanzate e intelligenti destinate a produzioni pulite, eco-compatibili; innovative nei materiali e per le finalità applicative. Per guidare queste enormi potenzialità vanno adottati interventi strutturali e organizzativi tali da potenziare e innalzare il livello qualitativo della ricerca, dei sistemi produttivi e delle competenze. Per farlo abbiamo bisogno, l’Europa ha bisogno, di più scuola, più università, più ricerca. Solo valorizzando la formazione, ripensando i curricula e i percorsi didattici, favorendo sin dagli anni della scuola secondaria la mobilità, la riconoscibilità e la spendibilità in ambito europeo dei crediti maturati e dei titoli acquisiti nei singoli Stati membri, sarà possibile vincere la sfida dell’integrazione e dell’innovazione. Abbiamo bisogno di uno Spazio Europeo della Ricerca che integri le politiche nazionali e superi ogni ostacolo alla libera circolazione dei ricercatori e delle conoscenze. Oggi abbiamo una straordinaria opportunità: quella di poter concorrere alla predisposizione di un ampio e sostenibile progetto di reindustrializzazione comunitaria; tenendo conto delle perdite e dismissioni registrate negli ultimi anni, di una produzione ancora del 10% sotto ai livelli pre-crisi, degli oltre quattro milioni di posti di lavoro persi, ma anche delle enormi potenzialità del mercato interno non sfruttate. Le scelte della futura politica di coesione dovranno fare leva sulla specializzazione intelligente, sulla aggregazione delle competenze, sull’uso intensivo di conoscenze avanzate per poter rispondere positivamente alle sfide dell’energia sostenibile, del cambiamento climatico e dell’uso efficiente delle risorse, materiali e umane. Sono sfide da vincere su più tavoli, quello del coordinamento politico, della finanza, della scienza, dei territori, dove l’innovazione dovrà prendere forma e tradursi in produzioni avanzate, occupazione, miglioramento della qualità della vita. Spagna, Portogallo e Italia possono, insieme, polarizzando una ampia fetta comunitaria, proporre e sostenere, anche attraverso il lavoro propositivo delle nostre Fondazioni, un modello mediterraneo di sviluppo e di diffusione dell’innovazione che tenga in debito conto tutti quei fattori chiave che caratterizzano culturalmente le loro società. Insieme possono concorrere a definire percorsi integrati di formazione di nuove competenze, ma anche aprirsi a nuovi segmenti di ricerca e sviluppo altrove inimitabili e irripetibili anche e solo per condizioni ambientali, climatiche, culturali. Insieme, Spagna, Portogallo e Italia, possono farsi portavoce di un rinnovato patto europeo federativo sull’innovazione, che vada oltre la stagione dei Libri verdi e del rilancio competitivo dei singoli Paesi, per puntare alla valorizzazione delle specificità territoriali attraverso la più ampia e robusta integrazione delle strategie, delle competenze, delle risorse, delle idee. Le attività delle Fondazioni COTEC vanno in questa direzione e fanno propri i temi della Strategia “Europa 2020”, la road map comunitaria che punta a una crescita intelligente, rispettosa dell’ambiente e in grado di garantire alta occupazione e coesione territoriale. I lavori del Simposio odierno lo confermano: rappresentano l’impegno delle Fondazioni nell’analisi delle pratiche innovative europee e delle azioni attivate dai singoli Paesi per contribuire ad orientare le politiche della ricerca e dell’innovazione dell’Unione Europea, in particolare nell’area del Mediterraneo. Politiche le quali auspico diventino prioritarie e centrali durante il semestre di Presidenza italiano per preservare, rinnovandolo, il progetto europeo di integrazione culturale e sociale. Grazie.

 

Il Presidente COTEC Portugal, João Bento

Senhor Presidente da República de Portugal, Senhor Rei de Espanha, Senhor Presidente da República de Itália, Senhor Vice-Presidente da Comissão Europeia, Senhor Ministro da Economia do Governo Português e demais membros dos Governos de Portugal, de Espanha, e de Itália presentes nesta cerimónia, Senhores Presidentes da COTEC Espanha e da COTEC Itália, Minhas senhoras e meus senhores. É uma honra, e um prazer, dirigir-me a Vossas Excelências na sessão de encerramento deste IX Encontro COTEC Europa, que decorre no termo da celebração dos primeiros 10 anos de vida da COTEC Portugal. E faço-o, começando por agradecer a todos quantos tiveram a gentileza de nos distinguirem com a sua presença; em particular, aos que vieram de Espanha e de Itália, com maior esforço pessoal. A COTEC Portugal juntou-se ao movimento COTEC – iniciado em Espanha em 1990 e reforçado pela adesão da Itália em 2001 –, com o entusiasmo e a convicção que resultavam, já então, da constatação de que a inovação empresarial era (e é cada vez mais!) uma das principais alavancas de crescimento económico das sociedades modernas. Nos três casos, a iniciativa e o patrocínio efectivo (e imprescindível) coube aos Chefes de Estado de cada um dos países, tendo-se iniciado a partir de 2005 a organização dos Encontros COTEC Europa, enquanto sede de coordenação de agendas e reforço do movimento. Nestes quase dez anos, de COTEC Europa, muita coisa mudou. E muita coisa mudou, em particular, a partir de finais de 2007, quando se iniciou uma crise económica sem precedentes e de raízes muito complexas, que tem vindo a afectar duramente, já lá vão mais de seis anos, os nossos três países; a uns mais do que a outros, mas a todos os três países, como, de resto, à generalidade da União Europeia. Querendo ser mais rigorosos, teremos de reconhecer que algumas dessas mudanças começaram bem antes, tendo conduzido a União Europeia a taxas de crescimento muito baixas e a um sentido de evolução muito desfavorável, que tem precisamente em Portugal, e também em Itália, dois dos seus mais significativos expoentes. Um contexto tão desfavorável como o que vivemos torna a inovação, a um tempo, mais difícil (porque se deterioraram as suas condições, nomeadamente na frente financeira), e mais necessária (porque nos vemos obrigados competir em condições mais agressivas, contra concorrentes cada vez mais poderosos). Se ao longo deste período há resultado que podemos atribuir ao “movimento COTEC”, e às nossas três COTEC – tanto em Espanha, como em Itália e em Portugal –, é o reconhecimento (ou talvez mesmo a consagração) da importância da inovação para o sucesso de uma sociedade, nomeadamente na área empresarial. Sentimo-lo em todos os discursos dos nossos líderes políticos e empresariais, e em sucessivas tomadas de posição da opinião pública mais informada. Mas uma tal melhoria de percepção, e o manifesto progresso na convicção quanto ao papel da inovação empresarial, não significam que a batalha esteja ganha. De facto, é cada vez mais claro – e objectivamente mensurável – que a União Europeia tem um problema com o seu sistema de inovação: desempenha melhor a montante (nas Universidades e nos Institutos de Investigação, na ciência que cria e desenvolve, no mérito dos artigos científicos que publica, nas patentes registadas) do que a jusante (no valor que consegue criar com este conhecimento, nas empresas que o aplicam, no número e qualidade dos empregos criados por essas empresas, nos rendimentos distribuídos pelas pessoas e nas receitas arrecadadas pelos Estados). Esta (chamemos-lhe) “doença europeia” manifesta-se de forma agravada em Portugal, Espanha e Itália. O reconhecimento deste problema não pode deixar de afectar a forma como olhamos para a inovação, as nossas agendas e os planos de actividades das “nossas três COTEC” – pelo menos da COTEC Portugal, em que me cabe a condição de primeiro responsável pela formulação de uma estratégia, a aprovar pelos Associados, e pela sua operacionalização. Se não concretizarmos estas mudanças, o conhecimento não se transformará em valor, com o que a inovação não se consumará, porquanto, como não me canso de referir, não há inovação sem criação de valor –, e não cumpriremos, assim, a nossa missão. A escolha do tema deste IX Encontro COTEC Europa decorreu do conjunto de considerações acabadas de enunciar. Procurámos um tema que se nos afigurasse da maior relevância para a inversão das baixas taxas de crescimento que caracterizam as nossas economias – tanto da União Europeia como dos nossos três países. Para a recuperação de uma indústria que temos vindo a perder, e que temos de fazer regressar – por isso falamos de re-industrializar. Para o futuro de uma indústria que, em qualquer caso, terá de se transformar em algo inteiramente novo: muito mais assente em conhecimento e em tecnologia, inteiramente virada para o mercado global. Dificilmente poderíamos ter encontrado um tema que se mostrasse mais exigente em inovação e na necessidade de a consumarmos de facto, através de uma bem-sucedida transferência do conhecimento para a área empresarial. Somos, afinal, nós, as COTEC, três associações empresariais. Temos de estar mais próximos das empresas: aí, não tanto onde o conhecimento se gera (sem que isso seja menos importante, mas numa responsabilidade mais repartida com outros centros de decisão) mas onde o conhecimento se desenvolve, e se aplica, e a inovação se consuma. Trata-se de produtos e de processos, no caso, de novos produtos e de novos processos industriais, com tudo o que isso pode implicar: novos materiais, maior eficiência de todos os pontos de vista (energético, ambiental, laboral), funcionalidades e propriedades novas, novas estéticas, com que hoje mal conseguimos sonhar e que farão da economia do futuro, dentro de muito poucos anos, algo de completamente diferente da economia dos nossos dias. Trata-se também de levar esses produtos a novos potenciais compradores, num mercado global que, em termos populacionais, excede em mais de vinte vezes o nosso mercado interno alargado. Trata-se, por último, de encontrar as necessárias condições de financiamento – um problema tão grave que, permitam-me a particularização, constitui hoje a maior dificuldade competitiva não direi de todas as empresas portuguesas mas pelo menos daquelas que, de todos os outros pontos de vista, se encontram melhor apetrechadas para enfrentarem com êxito a concorrência mais exigente, nos mercados globais. Senhores Chefes de Estado, Senhor Vice-Presidente da Comissão, Senhor Ministro da Economia de Portugal e demais membros dos Governos de Portugal, de Espanha, e de Itália, Senhores Presidentes da COTEC Espanha e da COTEC Itália, Minhas senhoras e meus senhores, O diagnóstico parece feito. Como tantas vezes acontece, o mais difícil é – tem sido! –, aplicá-lo. A União Europeia tem hoje uma visão clara de todos estes problemas. O que não significa que as políticas tenham conhecido, já, todas as alterações que parecem necessárias. Os nossos Governos têm hoje uma visão clara de todos estes problemas – de que constitui exemplo a posição conjunta que aqui nos foi transmitida pelo Senhor Ministro da Economia do Governo Português. Uma visão e uma vontade de acção, que terá, agora, de se ver concretizada. A COTEC Portugal, a COTEC Espanha e a COTEC Itália têm uma visão clara de todos estes problemas. Apelo, aos quase 300 Associados da COTEC Portugal, que adoptem uma atitude mais proactiva perante as exigências da economia do conhecimento, e da reindustrialização, numa postura mais colaborativa, tanto internamente (com os mais preparados, e mais qualificados, a servirem de tractor de outras empresas, e de outros centros de investigação e desenvolvimento), como externamente (em maior número de projectos conjuntos entre entidades dos nossos três países, nomeadamente no que se refere a candidaturas aos programas do Horizonte 2020, programa para o qual Portugal, um dos países de mais baixo rendimento per capita da União Europeia, continua a ser um pesado contribuinte líquido). Espero, dos nossos Governos e da Comissão Europeia, aqui tão condignamente representados, uma atitude, se possível, mais colaborante. Mas espero, sobretudo, uma postura mais proactiva, mais desafiadora e mais incentivadora, para que sejamos capazes de construir uma economia assente em conhecimento, mais qualificada e, por isso, necessariamente, também mais inovadora – com as empresas e os centros de geração de saber mais próximos entre si e mais próximos do mercado. Confio ser este um objectivo que nos une. E confio em todos os que, aqui reunidos sob os auspícios das 3 COTEC, hão-de contribuir para a concretização dos objectivos deste nosso IX Encontro COTEC Europa. Muito obrigado.