Carabinieri: inaugurazione anno accademico 2022-2023

ROMA – Con la presenza del Comandante Generale

Presso l’Aula Magna della Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, il Ministro della Difesa On. Guido Crosetto ha dichiarato aperto l’Anno Accademico 2022 – 2023. Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti il Vicepresidente del Senato Sen. Maurizio Gasparri, il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale On. Antonio Tajani, il Ministro dell’Agricoltura On. Francesco Lollobrigida, il Ministro della Cultura On. Gennaro Sangiuliano, il Ministro della Pubblica Amministrazione On. Paolo Zangrillo e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Alfredo Mantovano. Fra le tante personalità presenti, Autorità parlamentari, di Governo e Diplomatiche, esponenti delle Magistrature, delle Forze Armate, delle Forze di Polizia, delle Agenzie di Informazione e Sicurezza, il Presidente del Gruppo Medaglie d’Oro al Valor Militare, i Presidenti dell’Associazione Nazionale Carabinieri e dell’Associazione Nazionale Forestali in congedo ed esponenti degli organismi di rappresentanza dell’Arma. La cerimonia è stata aperta dal Comandante della Scuola, Generale di Divisione Claudio Domizi, che ha indirizzato il proprio saluto ai presenti illustrando le attività didattiche svolte dall’Istituto. Ha quindi preso la parola il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Teo Luzi. Dopo aver ringraziato le Autorità e gli ospiti intervenuti, il Gen. Luzi si è rivolto ai protagonisti della giornata, gli Ufficiali Allievi della Scuola, i quali rivestiranno nel prossimo futuro il delicato ruolo di Comandanti. A loro ha parlato di militarità e competenza, di coraggio e umiltà come punti cardinali di una “bussola etica” che non è sempre garanzia di decisioni risolutive ma aiuta a prendere decisioni efficaci, alimentando uno dei beni più preziosi della Nazione: la fiducia nelle Istituzioni. Il Comandante Generale si è soffermato più volte sull’importanza delle parole della Costituzione, che guida ogni attività dell’Arma e chiede ai Carabinieri di agire “nell’esclusivo interesse della Nazione” (art. 98), assolvendo alle proprie funzioni “con disciplina ed onore” (art. 54). Proprio la disciplina del Carabiniere rappresenta, anzitutto, la consapevolezza della propria militarità, che rende la vita militare non una strada lastricata di imposizioni gerarchiche ma la via di un dovere che appaga, perché autenticamente sentito. Che questo intimo convincimento sia l’essenza della disciplina e della militarità – ha sottolineato il Gen. Luzi – ce lo insegnano con il loro esempio i nostri caduti, i quali non hanno avuto bisogno di ordini per compiere gesti straordinari. Rivolgendosi con enfasi ai giovani Ufficiali Allievi, il Comandante ha evidenziato come agire sempre con onore comporterà molti costi: rinunce, preoccupazioni e la stessa fatica fisica dopo notti di lavoro. Tuttavia è proprio l’onore che li renderà protagonisti della società e farà nascere nuova fiducia nella collettività. Il rispetto di questi valori permette al Carabiniere di rappresentare un solido appiglio per i cittadini. Affidabilità come risultato della competenza, ha evidenziato il Gen. Luzi. Competenza che è al centro di una “formazione permanente”, al passo con i tempi, anche nel settore delle tecnologie, a sostegno dell’intero percorso professionale, per la crescita continua di ogni singolo Carabiniere e per promuovere una “cultura dell’essere” non “dell’apparire”. Il Comandante Generale si è soffermato poi sull’eroica figura del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, protagonista della lotta partigiana durante la guerra di liberazione ed estremo difensore delle Istituzioni nel contrasto alla mafia e alle brigate rosse. Proprio il Generale dalla Chiesa fu sempre grande sostenitore dell’importanza della formazione per le nuove generazioni. Il Gen. Luzi ha ricordato come proprio nel solco del Generale dalla Chiesa e del suo lungimirante modello investigativo l’Arma è giunta all’arresto dell’ultimo grande criminale della stagione stragista di “cosa nostra”. Questo risultato, ottenuto lottando a fianco della Magistratura e insieme alle altre Forze di Polizia, ha segnato un momento di assoluto rilievo nell’affermazione dello Stato sulla mafia. Il Comandante Generale, ha anche sottolineato l’importanza del coraggio che è fondamentale – nelle grandi imprese come nella quotidianità – e che deve guidare soprattutto quelle decisioni complesse dove le sole competenze tecnico-professionali da sole non bastano. Testimonianza immortale di coraggio sono stati i gesti eroici dei Carabinieri che 80 anni fa sacrificarono la propria vita. Il Gen. Luzi ha infatti ricordato che proprio quest’anno ricorrono 80 anni dall’olocausto del Brigadiere Salvo D’Acquisto e dalle “Quattro Giornate” di Napoli, quando i Carabinieri fornirono ai napoletani insorti le armi e una guida militare, cadendo in molti sulle stesse barricate. Proprio quel coraggio lo ritroviamo anche in quei 2.735 Carabinieri che hanno sacrificato la vita dal settembre 1943 all’aprile 1945, e negli oltre 5.000 che furono deportati nei campi di prigionia in Germania. Il loro sacrificio, ha ricordato il Comandante Generale, è stato riconosciuto con l’attribuzione di ben 723 Medaglie al Valor Militare e suggellato dalla Medaglia d’oro al Valor militare concessa alla Bandiera dell’Arma. Il Comandante Generale ha concluso ricordando agli Ufficiali allievi che hanno scelto di mettere le proprie capacità al servizio del desiderio di comunità degli italiani. In questo, l’Arma da oltre 200 anni non è solo lo scudo della Nazione ne è il collante. Ha preso dunque la parola il Ministro della Difesa Guido Crosetto:” Ho voluto cominciare questo discorso partendo dall’arresto di Matteo Messina Denaro. È stato uno straordinario successo dello Stato che ha suscitato ammirazione a livello internazionale, e per il quale mi sono complimentato con i vostri Colleghi del R.O.S. e dei Comandi Provinciali di Palermo e Trapani, oltre che con il Generale Luzi. Le difficoltà di quella cattura, gli sforzi e i sacrifici personali che hanno comportato, non solo per gli inquirenti e i magistrati, ma per le famiglie di questi ultimi, sono un fatto di tale evidenza che per riconoscerli non serve altro che un minimo di onestà intellettuale, che manca in questo paese. E poi rivolgendosi agli Allievi: Giovani Ufficiali, in quest’apertura d’Anno Accademico, che per Voi costituisce l’inizio di un percorso di vita, e per lo Stato rappresenta una promettente continuità, l’augurio che posso fare, rivolgendolo a Voi, ma attraverso di Voi a noi tutti, è questo: studiate, preparatevi, impegnatevi, cercate di apprendere, fate delle fatiche di oggi i vostri strumenti di domani. Perché l’Italia avrà bisogno di Voi”. Al termine del suo intervento il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato aperto l’anno accademico 2022-2023. In chiusura di cerimonia, è salito sul palco il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alfredo Mantovano, il quale, dopo aver ringraziato le Autorità e gli ospiti intervenuti, ha dato lettura di un messaggio del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, che ha ricordato quanto importante sia il ruolo dell’Arma dei Carabinieri per tutti gli Italiani. Nel messaggio, il Presidente si è rivolta agli Ufficiali allievi della Scuola, invitandoli a raccogliere con onore l’eredità del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, che ancora oggi permette allo Stato di raggiungere i risultati operativi più importanti, di cui ne è un chiaro esempio, il recente arresto del latitante Matteo Messina Denaro.

Prolusione dell’Anno Accademico 2022-2023

Il Comandante della Scuola ha descritto bene i rigorosi percorsi di studio che fanno di questo Istituto un assetto strategico nella vita dell’Arma. Un polo aggregante, in grado di fondere formazione tecnica e preparazione umana, per generare un clima di armonia professionale, fondamentale per ogni attività. Oggi vorrei condividere con gli Ufficiali allievi alcune brevi riflessioni sulla natura delle responsabilità che assumeranno nel corso della propria carriera. In oltre quarant’anni al servizio del Paese ho avuto la fortuna di lavorare con superiori e dipendenti di eccezionale valore. Primi fra tutti, i Comandanti Generali che mi hanno preceduto e che ringrazio di cuore per l’eredità di dedizione che ci hanno lasciato. Vorrei che le lezioni da me apprese possano essere utili alle nuove generazioni nel loro ruolo di Comandanti. Un ruolo che porta con sé la necessità di decidere, spesso in condizioni di incertezza. In queste circostanze, a fare la differenza, sono i valori che si mettono in campo.

Parlerò di militarità e di competenza. Di coraggio e di umiltà.

La Costituzione guida ogni attività dell’Arma e ci chiede di agire “nell’esclusivo interesse della Nazione”, assolvendo alle nostre funzioni “con disciplina ed onore”. La disciplina del Carabiniere è, anzitutto, la consapevolezza della propria militarità. Una condizione imprescindibile, che non comporta la rinuncia ai diritti, ma li realizza attraverso la pratica dei doveri, per rendere migliori se stessi e gli altri.

Giuseppe Mazzini additava la pratica dei doveri quale momento fondamentale nella formazione della coscienza civica degli italiani. Una visione che, ancora oggi, conserva intatto il proprio valore, ancor più per coloro che servono la Patria in armi.   La vita militare non è una strada lastricata di imposizioni gerarchiche, magari da schivare con furbizia. È la via di un dovere che appaga perché autenticamente sentito. Primi tra tutti ce lo insegnano i nostri Caduti: uomini che non hanno avuto bisogno di ordini per compiere gesti straordinari, la cui memoria ci sostiene nell’affrontare i rischi della quotidianità. Solo negli ultimi tre anni ben tre militari hanno perso la vita in attività di servizio e oltre 5.500 Carabinieri sono stati feriti, alcuni in modo molto grave. Non si tratta di fatalità. Dietro ogni numero c’è una vicenda concreta, fatta di vocazione al bene comune, per adempiere agli impegni liberamente assunti col giuramento. Non è un caso che l’articolo 54 della Costituzione, nel definire il dovere di fedeltà alla Repubblica, affianchi alla parola “disciplina” il termine “onore”. L’onore non è il premio di una notorietà conseguita. È la coscienza di aver svolto quotidianamente il proprio dovere, mantenendosi fedeli ai valori della Repubblica, con onestà, dignità e coerenza. Una fedeltà che, come ci ricorda il Presidente Mattarella, cui rivolgo il pensiero più deferente, non ammette “modestia etica” perché è un principio assoluto che supera ogni ambizione personale.

Cari Ufficiali allievi,

l’“onore” vi spingerà a sostenere i vostri uomini e ad occuparvi del bene dei cittadini, con un impegno che conoscerà molti costi: rinunce, preoccupazioni, la stessa fatica fisica quando l’intensità dell’azione vi porterà ad iniziare un nuovo giorno, dopo una notte ininterrotta. Qualcuno potrà chiedersi quale sia il vantaggio di tanta integrità. La risposta è che essa vi renderà protagonisti della società e farà nascere nuova fiducia nella collettività.

Il Ministro Crosetto, nel suo primo saluto al Comando Generale ha detto che il Carabiniere, nell’immaginario degli italiani, è un “pezzo di famiglia: quando hai bisogno di fidarti, ti rivolgi a lui”. Grazie Signor Ministro, non trovo parole altrettanto efficaci per descrivere il patrimonio più prezioso dell’Arma: l’affetto degli italiani. La consapevolezza dei propri doveri sollecita ogni Carabiniere ad applicarsi con coscienza ai problemi della quotidianità. Siamo tutti immersi in un flusso di complessità, incessante e sempre più rapido. In questa corrente, il Carabiniere deve offrire un solido appiglio ai cittadini: affidabile perché competente. Per questo, l’Arma dedica ogni cura alla preparazione del personale e alla sua motivazione. Una formazione permanente a sostegno dell’intero percorso professionale, anche nel settore delle tecnologie, e nel contempo rivolta agli animi, per una crescita interiore continua. Perché il Carabiniere non è solo una professione, ma è un modo di vivere: conta quel che sai, ma anche la vita che ci metti dentro, senza risparmiarti. Una cultura dell’essere che va controcorrente con l’apparire che oggi la nostra società propone come modello di riferimento. Anche per questo la formazione dei giovani è molto complessa ed è determinante per il successo istituzionale. Le competenze alimentano la consapevolezza nelle proprie capacità, che consentono di guardare avanti con convinzione, verso nuovi traguardi. Questa è la lezione di chi ci ha preceduto, affrontando sfide ancor più eccezionali di quelle che stiamo vivendo. Solo nella storia più recente: due guerre mondiali, le stragi mafiose, il terrorismo interno e internazionale non hanno fiaccato la volontà di carabinieri, che non si sono rassegnati alle difficoltà del proprio presente.

Il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa – che abbiamo ricordato, in questa Aula Magna, pochi giorni orsono – è stato un protagonista della lotta partigiana durante la guerra di liberazione e l’estremo difensore delle Istituzioni nel contrasto alla mafia e alle Brigate Rosse. Il suo esempio ci sollecita ad occuparci, con concretezza, dei bisogni più attuali dei cittadini, a fianco della Magistratura, sotto la guida dei Prefetti e insieme alle altre Forze di polizia, con cui condividiamo la responsabilità della sicurezza del Paese, nella cornice del modello di coordinamento, la cui efficacia ha prodotto, nel tempo, risultati straordinari. Pochi giorni fa, questo spirito di convinta sinergia ha consentito l’arresto a Trapani dell’ultimo grande criminale della stagione stragista di “cosa nostra”, segnando un momento di assoluto rilievo nell’affermazione dello Stato sulla criminalità mafiosa. Le peculiari capacità che hanno reso possibile questo successo animano anche l’adempimento dei compiti militari. Specie nei Teatri operativi, ove siamo impegnati a favore della stabilità internazionale, in uno con le altre Forze armate, con quella vocazione al dialogo che è la cifra distintiva della cultura nazionale. Mettere a frutto le competenze tecnico-professionali acquisite non è tutto. Vi sono situazioni in cui anche le migliori analisi non restituiscono certezze. In queste circostanze, la tentazione di non decidere è infida. Questo è il momento del coraggio per dominare, con forza d’animo, le situazioni più imprevedibili e difficili. Parlando di coraggio ci ispiriamo anzitutto all’esempio di coloro che, in eventi eccezionali, hanno assunto su di sé i rischi ultimi della comunità. Quest’anno ricorrono 80 anni da straordinari accadimenti storici, per l’Arma e per l’Italia. L’olocausto del Brigadiere Salvo D’Acquisto, che con il suo sacrificio, restituì alla storia l’umanità perduta nella barbarie della guerra. Le “Quattro Giornate” di Napoli: quando il popolo partenopeo si rivoltò all’occupazione nazista, i Carabinieri fornirono agli insorti le armi e una guida militare, cadendo in molti sulle stesse barricate. Avvinti nel medesimo anelito di libertà, da quel settembre 1943 all’aprile 1945, caddero 2.735 Carabinieri e oltre 5.000 furono deportati nei campi di prigionia in Germania. Il loro sacrificio, che ha contribuito alla costruzione dell’Italia moderna, è stato riconosciuto con l’attribuzione di ben 723 Medaglie al Valor militare e suggellato dalla Medaglia d’oro al Valor militare concessa alla Bandiera dell’Arma. C’è, inoltre, anche una dimensione quotidiana, non meno importante, per rafforzare il coraggio. La forza della motivazione che alimenta la passione e si concretizza in dedizione.

Un grande manager del nostro tempo, Sergio Marchionne, figlio di un Maresciallo dell’Arma, ha indicato la sostanza della leadership nell’obbligo di fare, ovvero la scelta di rendersi convintamente disponibili e di provvedere in qualunque circostanza. Fuori da questa dimensione, ogni risultato, pur ragguardevole, non sarebbe affatto rappresentativo del ruolo del Comandante, che deve essere la sintesi fedele dell’impegno dell’Arma nella società civile. Un impegno che vive della coralità di oltre 100.000 Carabinieri che non può essere macchiato da chi si allontani dalla via del dovere.  Per questo, con altrettanto coraggio, siamo i primi a giudicare, con assoluto rigore, i manchevoli. Se è vero che il coraggio sostiene la volontà di adempiere alle proprie responsabilità di Comandanti, è altrettanto vero che nessuna responsabilità può essere esercitata da soli. La complessità, cui prima ho fatto cenno, ha segnato anche il tramonto definitivo dell’“uomo solo al comando”. Oggi, ogni azione si misura nel rapporto con gli altri.  Per questo, l’umiltà è l’altra faccia del coraggio. L’umiltà del Comandante sta nell’attenzione che deve ai propri uomini. Un atteggiamento che non è un obbligo formale, ma esprime onestà intellettuale. Fuori da ogni demagogia, capire i propri collaboratori è il miglior modo per dare sostanza a ogni ordine. Anticipare le istanze e le richieste del personale significa conquistarne la motivazione, evitando, altresì, che legittime aspettative diventino oggetto di strumentalizzazioni. Le persone sono più importanti dei processi perché l’efficienza dei Reparti risiede innanzitutto nella loro coesione e l’unità d’intenti è la formula di ogni successo. Comandare, dunque, non significa marcare le distanze preoccupandosi di impartire disposizioni tecniche per poi registrare freddamente le prestazioni dei sottoposti. Si tratta invece di conoscere e valorizzare i propri uomini, di avvincere e di convincere, di essere autorevoli con lo slancio dell’azione e la forza dell’esempio. Mi avvio a concludere. Militarità, competenza, coraggio e umiltà sono punti cardinali di una “bussola etica” che non è sempre garanzia di decisioni risolutive, ma che aiuta ad assumere decisioni efficaci e ci rende affidabili agli occhi dei cittadini, alimentando il bene più prezioso della Nazione: la fiducia nelle Istituzioni.

Cari Ufficiali allievi,

un uomo nasce due volte: quando viene al mondo e quando decide quale posto avere nel mondo. Voi avete scelto di mettere le vostre capacità al servizio del desiderio di comunità degli italiani. La prosperità dell’Italia, in cui noi tutti confidiamo, non è solo un fatto economico. Ha bisogno di uno stimolo che nessun mercato può offrire: lo spirito di una comunità solidale in grado di riconoscere se stessa. Soprattutto nei momenti difficili come quello attuale. In questo, l’Arma non è solo lo scudo della Nazione, ne è il collante. Non cessate di portare ogni giorno il vostro contributo di altruismo alla costruzione della casa comune. Così continuerete ad accompagnare il cammino degli italiani, come è da oltre 200 anni, portando con voi l’orgoglio di aver illuminato un tratto di strada.