Alessandra De Carolis la geologa italiana

PESCARA – Grande amore per la montagna

Intervista di Paola Pacifici

Alessandra, famosa geologa, perchè scegli questi studi?
Ho sempre nutrito un profondo amore per la montagna, ogni estate con la famiglia, trascorrevamo le nostre vacanze sulle Dolomiti. In quelle passeggiate ad alta quota mi entusiasmava la ricerca di fossili.  In generale, il paesaggio montano mi affascina in tutte le sue forme. La passione per la geologia è nata tra i libri di scuola. Frequentavo il quinto anno di liceo scientifico e non avevo ancora le idee ben chiare su quale potesse essere il mio percorso universitario. Il programma di scienze, l’ultimo anno, comprendeva un capitolo di geografia astronomica e una capitolo di scienze della terra. Quelle poche pagine in cui erano spiegati pochi concetti di classificazione delle rocce mi avevano profondamente affascinato. Fortuna volle che la facoltà di geologia fosse stata  istituita da pochi anni a Chieti, una città a pochi chilometri di distanza dalla mia città Pescara. Superai subito il test di ammissione!

Nel tuo cv tante qualifiche, studi e incarichi  per il nostro territorio. Quale, secondo te, è oggi la più importante?
Penso che qualsiasi qualifica sia utile fintanto che sei in grado di individuare un problema e risolverlo. La laurea è il primo passo, ma esperienza e professionalità si acquisiscono sul campo, quindi è il lavoro che svolgi giorno dopo giorno a definire le tue competenze.

Molte le consulenze che hai fatto e che fai con le amministrazioni locali. Che cosa ti chiedono di più di valutare e studiare?
Gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni sono molto vari, si va dal consolidamento di versanti in frana alla ricostruzione e/o riparazione di edifici che ospitano servizi strategici, scuole, municipi, ospedali ecc danneggiati da eventi meteorologici o sismici o più semplicemente la realizzazione di opere infrastrutturali (ponti, strade. )

Quali gli elementi essenziali per la valutazione dei territori per le alluvioni e per i terremoti.
Gli elementi da valutare sono molteplici e diversi sia che si parli di rischio alluvioni che di rischio sismico. Basti pensare all’enorme variabilità di assetti geologici e geomorfologici dei versanti, alle litologie affioranti, all’assetto tettonico e alla coesistenza di svariate situazioni climatiche. Alla base di tutto è necessaria una buona programmazione a livello nazionale e poi comunale per la prevenzione, la protezione, la preparazione e infine la previsione di alluvioni con sistemi di allertamento. Il nostro territorio dispone ormai da anni  dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e PSDA piano stralcio difesa alluvioni, redatti ai sensi della Legge 183/89, che  forniscono un’adeguata base di partenza, attraverso mappe di pericolosità e rischio di alluvioni. Nel caso dei terremoti, non esiste purtroppo alcun metodo scientifico affidabile per prevederli in anticipo e consentire di salvaguardare in primis  vite umane e anche il patrimonio edilizio. L’unica maniera per difendersi dai terremoti è quella di realizzare interventi sistematici di prevenzione sugli edifici “vecchi”, cioè costruiti prima della classificazione sismica, in modo da rafforzarne la struttura e impedirne il collasso in caso di terremoto. Inoltre, secondo un’Ordinanza del 2003, in Italia gli Enti locali hanno l’obbligo di classificare dal punto di vista sismico ogni singolo Comune, in modo da prevenire danni ad edifici e persone a seguito di un terremoto (microzonazione di primo livello). In base alla zona, gli edifici dovranno essere costruiti secondo la normativa antisismica. C’è da dire inoltre che Le Norme Tecniche italiane (NTC 2018) richiedono che, ai fini progettuali, si faccia riferimento non ad una delle quattro zone associabili alla macrozonazione, bensì ai dati di microzonazione secondo cui vengono tenuti in conto effetti di amplificazione locali, conseguenti alle caratteristiche geologiche del territorio su cui si costruisce.

Sei anche una esperta per la sicurezza dei cantieri, è una sicurezza europea?
Ho acquisito il titolo di coordinatore della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili attraverso un corso post laurea che l’ente Cassa edile aveva organizzato in seguito all’emanazione del Dlgs 81/08. Per me rappresentava un possibile sbocco lavorativo. Il  decreto è figlio della Direttiva Europea Regulation EC 1137/2008 ma nel nostro paese le regole attuative  spesso diventano complesse e farraginose pertanto il dlgs è stato negli anni sottoposto a diverse modifiche ed integrazioni, l’ultima nel novembre 2020. Io non ho più aggiornato il mio titolo.

L’Italia, diverse tipologia di territori fra il nord, il centro ed il sud. Quindi quali differenti problemi e valutazioni?
La realizzazione di un’opera e/o di un qualsiasi intervento implica  l’interazione reciproca con il sito di progetto. L’interazione con il sito riguarda diversi ambiti ognuno dei quali ha delle peculiarità e delle problematiche specifiche. Le principali interazioni possono essere di natura geologica, di natura geomorfologica, di natura idrogeologica, di natura sismica e di natura meccanica e, spesso e volentieri, sono presenti in contemporanea e rendono l’assetto generale del sito complesso. In linea generale, sia che ci trovi al nord o al sud Italia, si procede con un’analisi ante-operam del territorio esaminando la natura delle unità litologiche presenti, le caratteristiche geomorfologiche e idrogeologiche del territorio, eventuali elementi di pericolosità e/o fattori di rischio. Una volta acquisiti tutti gli elementi necessari alla conoscenza del territorio, si valutano le interazioni tra l’opera e/o l’intervento da realizzare e il sito di progetto. Bisogna quindi ipotizzare tutti i possibili  scenari evolutivi sia in fase di realizzazione sia in fase post- operam e cercare soluzioni atte alla risoluzione di eventuali problematiche che si possono presentare.

La geologia  ed i giovani?
Ho letto che negli ultimi anni si assiste a livello nazionale, ad una progressiva diminuzione nel numero degli iscritti alle facoltà di geologia. È un peccato! Forse questo andamento è dovuto ad una scarsa esposizione della disciplina a livello scolastico, nella primaria e soprattutto nelle scuole secondarie o probabilmente molti ragazzi pensano che ci siamo scarse prospettive di lavoro al di fuori dell’industria petrolifera, che li porterebbe lontano dall’Italia. In realtà questa è una professione multidisciplinare e la figura del geologo dovrebbe essere in prima linea nella sfide per la salvaguardia dell’ambiente, per lo sviluppo sostenibile e l’utilizzo sostenibile delle  risorse, per la prevenzione e mitigazione dal rischio idrogeologico, sismico, e vulcanico.

Alessandra, poche donne “geologiche” e più uomini, perchè secondo te?
Perché in Italia prevalgono ancora stereotipi e pregiudizi. Detto questo, parlo per me che faccio libera professione, è un dato di fatto che per una donna sia difficile conciliare questa tipologia di lavoro con gli impegni familiari di madre e di donna. È un lavoro impegnativo ed anche faticoso, che in alcuni casi “costringe” a spostamenti continui sul territorio e ad operare con la strumentazione in zone  logisticamente scomode e impervie.

Alessandra, chi è una “geologa?
È una professionista che utilizza le proprie conoscenze multidisciplinari teoriche, sperimentali e tecnico-applicative per analizzare i processi geologici e la loro evoluzione temporale,  per valutare  l’interazione tra i processi geologici e gli interventi umani con particolare riguardo alle problematiche geologiche derivanti da attività antropiche. Ma il geologo si occupa anche di ricerca, di sfruttamento e pianificazione delle risorse idriche, minerarie ed energetiche. Il geologo è anche un tecnico che collabora con altri tecnici, ingegneri architetti, alla pianificazione territoriale tramite la valutazione dei pericoli e dei rischi geologici (terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni, frane, ecc) e alle valutazioni di impatto delle opere antropiche sull’ambiente (suolo e sottosuolo, acqua, aria).

La geologia è “madre terra”, quindi femminile e come una donna, di che cosa ha bisogno?
Questa domanda mi riporta alla mente un libro di James Lovelock, secondo cui la Terra è paragonata ad una dea “Gaia”, un unico organismo vivente capace di autoregolarsi e di rispondere a tutti i fattori nuovi e avversi che ne turbano gli equilibri naturali. La terra è proprio come Gaia, ci ha generato, ci nutre, ci disseta, ci fa proliferare e soprattutto ci circonda  di bellezze naturali. Come tale va preservata, amata e mai sfruttata al limite delle proprie possibilità.

Fasi di acquisizione di indagine sismica a rifrazione